Dopo i primi esperimenti da solo, la collaborazione con i Giardini Di Mirò e dopo aver fondato insieme a Cesare Malfatti e Leziero Rescigno gli Amor Fou, Alessandro Raina inaugura un nuovo progetto: Casador. Esce "The Puritans", ep di tre brani cantati in inglese che confermano il suo talento nello scrivere canzoni e allargano ulteriormente la prospettiva guardando fuori dall'Italia. L'intervista di Maria Murone.
Alessandro Raina già voce dei Giardini di Mirò, poi frontman degli Amor fou, ora solo in Casador. Un nuovo progetto, una nuova missione?
Ci sarebbero anche i miei primi due dischi da solista che non ho però promosso adeguatamente dal vivo anche perchè frutto di progetti estemporanei… Casador è il risultato di un percorso di alcuni anni, che forse avrebbe potuto durare meno se fossi stato da subito un po' più motivato a suonare e a migliorarmi, ma noi italiani siamo spesso pigri e paranoici.
Perché Casador?
Il principe di Casador è uno dei personaggi più clamorosi di Totò, personaggio di cui pratico il culto fin dall'infanzia. E poi volevo eclissare il mio vero nome che peraltro all'estero non credo funzionerebbe molto. E' un 'marchio' che fa capo esclusivamente a me ma che potrà essere condiviso da altri musicisti, come accade per Sparklehorse, Bright Eyes, Badly Drawn Boy ed altri cantautori che non usano il proprio nome.
A proposito che fine ha fatto Badly Drawn Boy? Alcuni suoi concerti, tanti anni fa, mi convinsero che si poteva ancora catturare l'attenzione di un grande pubblico con una manciata di canzoni e una chitarra acustica…
Chi è stata stavolta la tua fonte d'ispirazione?
Mai come oggi i musicisti con cui collaboro, i grandi artisti con cui ho avuto il piacere di dividere il palco e quelli che ho ascoltato ripetutamente. Trascorrere una giornata intera a suonare e conversare di musica e di vita con artisti che crederesti inavvicinabili come i Wilco, al di là dell'adorazione del fan, ti insegna tantissimo. E poi ci sono le storie che si legano ad ogni canzone e che cerco di tradurre con tutte le mie limitatezze.
Ritorni a cantare in inglese. E si cambia anche atmosfera: una chitarra, un piano, una voce, tanta malinconia. Tre pezzi avvolgenti che scaldano il cuore d'inverno…
In realtà li ho scritti tutti di getto a fine estate ma forse c'è un mood ricorrente nella mia scrittura. Averli incisi ora ha portato ad enfatizzare certe sfumature. In ogni caso sento di poter sperimentare ancora molto in materia di suono e di arrangiamenti, e lo farò da subito con i prossimi brani che registrerò. Questi rappresentano un prologo.
Questo progetto sembra rispecchiarti molto. C'è un feeling incredibile tra te e la musica. Ti senti compiaciuto del risultato?
Penso siano composizioni che nella scrittura così come nella produzione rispecchiano ciò che sento di voler dire attraverso la musica e 'come' lo voglio dire. Si può sempre fare meglio ma sono convinto che sia più coerente attendere le condizioni adeguate per dare al pubblico un prodotto di qualità sotto vari aspetti, e nel frattempo coltivare le proprie capacità e imparare pazientemente il mestiere. A 30 anni non ci si può più giustificare. Se si hanno degli argomenti bisogna proporli e dar loro una veste autorevole, altrimenti ci si riduce a mascherare di clichè le proprie incapacità e non è una cosa interessante, anche se a volte sembra che pochi si accorgano delle differenze.
Musica, parole, speranze e paure di un giovane uomo. Ti riferisci alla storia di Damocle. Chi è il Damocle di oggi?
E' un uomo che rinuncia a tutto, ai suoi valori, ai suoi legami, per dare seguito alla propria smania di potere, pur di ostentare una patologica necessità di apparire. Un narcisista insomma. La storia ha origine centinaia di anni prima di Cristo eppure è attualissima, e pur trattandosi di un episodio del classicismo italiano finora ne avevano parlato solo Lou Reed e Nick Cave.
Il pezzo "Story Of Damocles" ha un intro d'altri tempi che precede l'apertura del pezzo…
In realtà è un campione di una sigla di un cartone animato degli anni '30, l'orchestrina originale non era disponibile…
Raccontaci un po' dell'ep "The Puritans". Perché questo titolo e di cosa parlano i testi? Quanto ci sei dentro?
Per il mio Damocle moderno i puritani sono tutti coloro i quali - a partire dalla sua buona coscienza repressa - lo biasimano o cercano di dissuaderlo, usando argomenti morali, affettivi, fino ad abbandonarlo per sfinimento. Penso che le canzoni, nonostante tutto, debbano continuare a dire delle cose precise, e a darsi degli interlocutori, a maggior ragione in un momento storico in cui la musica diventa sempre più mero intrattenimento e il 'contenuto' è al massimo un fiore all'occhiello con cui condire il pacchetto. Penso sia il dovere di un cantautore, ancor più quando non si è, come nel mio caso, un musicista così dotato da poter dire tutto solo attraverso le note.
Chi collabora in questo progetto?
C'è Leziero (Rescigno, già presente negli Amor Fou e in molti altri progetti, uno su tutti: i La Crus, NdR) un riferimento costante nel mio fare musica, ma questo EP esiste grazie alla generosità di Paolo Mauri, un musicista/fonico che ha vissuto da protagonista la storia della new wave e del rock alternativo italiano (c'è un bellissimo passaggio sul dvd degli Afterhours in cui Manuel parla proprio di lui in questo senso) e che mi ha reso l'onore di investire nel mio lavoro. In futuro non escludo di coinvolgere anche altri artisti ma so che finalmente sono in grado di arrivare fino in fondo da solo e questo era l'aspetto che volevo chiarirmi più di ogni altro.
Dalla esperienze con i gruppi a quella solista, è quasi come se, a periodi, avessi bisogno di intimità, di trovare rifugio in te stesso. E' così?
Non credo di essere molto portato a condivider ciò che faccio con troppe persone. Un po' per limiti miei e un po' perché fondamentalmente credo che si debba essere in grado di gestire autonomamente la propria musica, e che serva piuttosto trovare i complementi giusti ad essa. Un artista non può più vivere di sola ispirazione, occorre sapersi destreggiare in studio, sul palco, fare le scelte giuste a livello manageriale e tutto questo è difficile condividerlo con troppa gente, specie se le gratificazioni sono per lo più 'spirituali'.
Credo però molto anche nel connubio fra persone complementari, ed è ciò che mi permette di lavorare con Leziero o con Paolo. C'è poi la dimensione dello stile e dell'interpretazione che è e deve rimanere assolutamente personale a prescindere dai pareri del pubblico e della critica. E non è facile, in un clima di mode che si rincorrono, trovandosi a dover sopravvivere in contesti frenetici che non ti danno sempre il tempo e l'attenzione per maturare uno stile.
Sentivi l'esigenza di un nuovo capitolo che ne chiudesse altri o semplicemente ti affascina il cambiamento e la metamorfosi continua, la ricerca di un nuovo modo di esprimerti?
Sentivo l'esigenza di dare una forma riconoscibile alle canzoni che scrivo, sapendo che prima o poi avrei dovuto proporle in ambito internazionale, visto che le canto in inglese e questo è stato il momento per farlo. La metamorfosi penso debba essere propria di ogni artista che creda nella possibilità continua di evolvere.
Gli Amor Fou sono ancora un capitolo aperto? Cosa rappresentano per te a distanza di un anno dall'uscita de "La Stagione Del Cannibale"? Puoi fare un bilancio di quell'esperienza anche dopo una serie di live insieme alla band.
Capitolo apertissimo. In primavera uscirà un ep che introdurrà il nuovo album. Il bilancio è molto positivo. Un anno intensissimo, con risultati assolutamente inattesi, conditi da esperienze inedite, come le apparizioni televisive, che per me sono state una novità assoluta. Senza dimenticare una cinquantina di concerti che ci hanno permesso di continuare a vivere di musica, dimostrandoci che la gente, con nostra enorme soddisfazione, si è rispecchiata in questo progetto molto di più di chi inizialmente ne ha scritto con troppa fretta, mirando a sdoganarci come un side project.
Per coerenza abbiamo concluso che non era possibile continuare a collaborare con Cesare Malfatti e Lagash, pur nel pieno rispetto del loro diverso modo di concepire la musica e abbiamo scelto di coinvolgere stabilmente Giuliano Dottori, che si è mostrato disponibilissimo pur non avendo partecipato al disco…
Cosa ti piace ascoltare ultimamente?
Pur cercando di mantenermi aggiornato continuo a prediligere chi scrive canzoni e le usa per dirci qualcosa sulla vita. Se non riesco a capire cosa un artista dica e a chi lo dica non mi riesce di apprezzare la sua proposta ed è per questo che pur vivendo a Milano mi tengo alla larga dal clubbing, spesso anche da quello condito di live band. Non ho dubbi che ci siano grandissimi intrattenitori e produttori in giro ma il minestrone indie-wave-electro-virgola non mi seduce come le canzoni di Feist, dei National, dei Wilco, come il talento cristallino di Damon Albarn o la voce di Bon Iver o di Thom Yorke. A ballare non ci vado perché le canzoni non le suonano più e perché non me ne frega un cazzo di finire sui siti di party pictures, che sono il viagra per l'ego dei nuovi ventenni. Preferisco spendere per il cinema o per il teatro che restano una grandissima forma di ispirazione per un musicista.
Scrivevi spesso sul sito dei Giardini di Mirò in una sorta di diario, poi il blog con gli Amor Fou. Ora uno con Casador. Senti sempre la necessità di buttare per iscritto i tuoi sentimenti…
Si, non riesco proprio a prescindere dalla scrittura. E forse è per questo che non ho mai pubblicato nulla, perché dovrò proprio essere convinto che si tratti di qualcosa di veramente degno. Suonare può anche essere divertimento, scarica adrenalinica, condivisione di emozioni con i musicisti e il pubblico. Scrivere è una questione privata.
La scrittura, i testi, sono molto importanti per te, ma anche le immagini, spesso in bianco e nero, che associ alle parole, come il bambino sulla pagina del blog…
Le immagini sono importanti nella misura in cui quello che suoniamo e diciamo ha oggi una dimensione prevalentemente estetica attraverso i siti e la comunicazione virtuale… quindi è bene che un artista utilizzi un'iconografia coerente con il suo immaginario, perché le immagini giuste possono fare moltissimo nel momento in cui la gente approfondisce sempre meno tutto il resto. Ho molto a cuore anche la dimensione visiva dei live e spero presto di poter arricchire i set di Casador sotto questo aspetto.
Sei nato in Argentina e vivi in Italia. Hai definito la nostra penisola "the glamorous land that (in a funk) sings an aria of disappointment". Mi spieghi?
E' riferito al titolo emblematico e amaramente geniale di un articolo del New York Times che due anni fa tratteggiò la disfatta socio-culturale del nostro paese. Lo trovi qui. Da allora le cose sono anche peggiorate, e non è un problema di recessione economica purtroppo, ma di una sconcertante tendenza al suicidio di una società alla frutta. Penso a quanto profetiche fossero le parole di "Vacanze romane"…
Roma, dove sei? Eri con me / Oggi prigione tu, prigioniera io /Roma, antica città / Ora vecchia realtà /Non ti accorgi di me e non sai che pena mi fai / Ma piove il cielo sulla città / Tu con il cuore nel fango / L'oro e l'argento, le sale da te / Paese che non ha più campanelli…
Un tour già partito e poi? Quale sarà il seguito di Casador?
Non pensavo di suonare così tanto da subito. I concerti continueranno fino alla ripresa del tour di Amor Fou ma l'obbiettivo primario di Casador sarà suonare il più possibile all'estero e nel frattempo pubblicare altre canzoni e cercare la collocazione giusta per un futuro album.
---
L'articolo Casador - via Mail, 18-12-2008 di Maria Murone è apparso su Rockit.it il 2009-01-05 00:00:00
COMMENTI (11)
mah
continuo a trovare la sua musica decisamente poco interessante. Sul personaggio non mi esprimo.
oxygen, questo è il punto. ma chi ha gusto deve avere anche orecchio. e Alessandro è molto tempo che, magari senza la "maturità" di the puritans EP, scrive cose belle (pensa a certe tracce di Nema Fictzione scritte anni fa!). perchè riempirlo di insulti a gratis? ne ho lette di ogni, davvero. sono contento che la gente ora lo abbia capito di più.
(Messaggio editato da carlo il 07/01/2009 21:04:52)
dai, mi ci metto io.. raina innanzi tutto è un gobbo malefico
A me piace ascoltare la sua musica, tutto il resto (simpatico o antipatico, sn storie per segaioli!) nn mi interessa.
Spazio alla musica.. STOP!
ma no, dai... collega... io scherzavo! e volevo provocare proprio tutti coloro che non riescono a scindere il raina artista dal raina personaggio (anzi, ce ne vorrebbero a centinaia nel ns. panorama...). però, dopo la login obbligatoria, non ho trovato nessuno che si mettesse a "contestare" e dare contro a raina! :]
bobdylan.com/#/songs/times-… (?)
Questo sito - me compreso - ama i cessi muniti di barba, ma non ama i bloggaroli sfigati.
Io sono un cesso munito di barba eppure sto sul culo a tutti lo stesso.
Comunque bravissimo Alessandro a sto giro, è la cosa sua che mi piace di più in assoluto. - Luca
Fausto, hai detto una cosa terribile. Purtroppo terribilmente indie. Perchè bisognerebbe rendersi antipatico per forza Raina? Io non capisco proprio questo atteggiamento - che definirei con una parola che inizia per "i", ma non è "idiota" - peraltro comune ad una certa "scena". Alessandro è molto bravo, da sempre. Ha il solo difetto di essere carino e un po' narciso, fosse stato il solito cesso munito di barba tutti i bloggaroli già lo avrebbero incensato come il nuovo messia.
raina docet
io amo Raina