Si inaugura questa sera con il live di Levante la ventitreesima edizione di Villa Ada incontra il mondo. È certamente una delle manifestazioni più importanti e longeve dell’estate romana (qui trovate tutto il programma), organizzata in uno dei parchi più belli della capitale. Abbiamo intervistato Mamo Giovenco, da tre anni il direttore artistico del festival.
Se dovessi riassumermi in poche parole cos’è Villa Ada, come faresti?
È semplice: è l’isola che c’è, per dirla con il claim di questa nuova edizione. L’intento è quello di dare un messaggio positivo alla città, vogliamo che Villa Ada sia il festival di Roma e dei romani. Abbiamo curato con grande attenzione l’aspetto musicale ma era importante anche aggiungerci dell’altro. Oggi un festival non può basarsi solo sulla propria line up artistica: se malauguratamente un anno non hai dei buoni artisti da giocarti allora proporrai poco e niente, Villa Ada, invece, deve diventare un posto per tutti e con molte attività diverse.
Di che si tratta?
Oltre ai concerti - che giustamente devono avere un biglietto perché siano sostenibili - sarà inaugurata una nuova area gratuita che abbiamo chiamato D’ADA. Ci saranno workshop, incontri tematici, uno spazio dedicato ai bambini e un co-working aperto tutto giorno dove potersi connettere a internet e lavorare.
In cartellone ci sono molti nomi italiani, da cosa deriva questa scelta?
Era necessario: negli ultimi anni la musica italiana si sta facendo sentire, e voi di Rockit siete la bandiera di tutto questo. La scena romana, poi, è tornata ad essere La scena romana: non potevano mancare, quindi, le nuove leve come Calcutta e Joe Victor, ma anche i Goblin o Niccolò Fabi, che al momento gode di un successo meritatissimo; il suo sarà sicuramente uno dei concerti che andrà sold out, idem per i Tiromancino. Poi, tra gli altri, ci saranno Motta, Iosonouncane, Luca Carboni e tanti altri nomi. Abbiamo cercato di unire il vecchio con il nuovo, proponendo il meglio della musica italiana del momento.
Da spettatore, qual è il concerto più atteso?
Sono orgoglioso di esser riuscito a portare a Roma i Wilco: leggendo le richieste tecniche che ci hanno inviato, posso anticiparti che sarà un concerto importante. Poi Tyler, The Creator, i Tortoise, i Kula Shaker, tutte grandi conferme della musica mondiale. Personalmente sono molto contento della presenza di Fabi che, oltre ad essere un amico, lo considero uno dei migliori esempi della musica italiana di oggi. Anche Levante mi piace molto: racconta un pop nuovo e fresco, è sicuramente un personaggio in crescita.
Il punto forte di Villa Ada qual è?
Il punto forte di Villa Ada è sicuramente Villa Ada, è il Central Park di Roma (ride). Tutti gli artisti stranieri che hanno suonato qui sono sempre rimasti impressionati dalla bellezza di questo parco.
Quest’anno è la ventitreesima edizione, come fa un festival a sopravvivere per così tanto tempo?
Intanto 23, come si dice a Roma, è bucio de culo (ride). Scherzi a parte, un festival deve sapersi rinnovare: il nome che il festival porta ancora oggi - “Villa Ada incontra il mondo” - rappresenta un’idea di world music piuttosto chiara. La bravura di arci Roma, e di tutti quelli che ci hanno lavorato, è stata quella di far evolvere questo concetto e di raccontare cosa sia diventata la world music, anno dopo anno. Bisogna sempre cercare di cambiare il racconto che stai portando avanti e farlo, possibilmente, nell’ottica più contemporanea possibile.
È difficile organizzare concerti a Roma?
Organizzare concerti a Roma non è facile. Dopo la crisi discografica il live è diventato l’unica fonte di guadagno per gli artisti e molti dei cachet sono diventati piuttosto importanti. In più organizzare in questi tempi un festival a Roma è disarmante: non sei per niente aiutato, anche le cose più pratiche come fare entrare i mezzi in Villa, o costruire le strutture necessarie, diventano un’impresa. E calcola che è un rischio imprenditoriale totalmente nostro, nonostante si stia curando un evento importante per tutta la città.
Visto cosa è accaduto negli ultimi mesi, si percepisce un brutto clima di chiusura nei confronti della musica dal vivo. Tu come la vedi?
Purtroppo è una cosa del tutto reale, è successo e sta succedendo. Hanno chiuso posti fondamentali come il Circolo degli artisti, Rialto, l’Angelo Mai, tutte realtà che rappresentavano una diversità nell’offerta della città. Le gente aveva la possibilità di trovare il posto in cui identificarsi, scegliere la propria pelle e passare dei momenti dove sentirsi a proprio agio e, al tempo stesso, fruire cultura. Il Dal Verme è un bell’esempio in tale senso: ha una scena tutta sua, è una realtà molto interessante, hanno fatto un ottimo lavoro pur avendo uno spazio così ristretto. La scelta è la cosa più importante, è fondamentale: se inizia a mancare, la gente si convince che scegliere significhi stare a casa con il telecomando in mano. Molti credono che un gestore di un locale sia contento quando c’è poca concorrenza: non è vero, più c’è proposta e più la gente è invogliata a uscire. Ci guadagniamo tutti.
Qual è tuo personale rapporto con il comune?
Ho una certa esperienza nel mondo dei concerti, li organizzo da diversi anni ma sempre in posti privati - come al Quirinetta, dove abbiamo fatto insieme la serata Italiani Brava Gente - è un po’ come se fossero delle isole a sé. I miei rapporti con l’amministrazione comunale sono cominciati solo tre anni fa, quando ho iniziato a lavorare a Villa Ada. E sono stati disastrosi: non ho mai usato questi argomenti per fare polemica perché non serve a nulla, ma al momento a Roma non c’è alcun tipo di aiuto da parte delle istituzioni. Non c’è una coscienza delle cose, né tanto meno un’idea di programmazione: sei sempre in balia di tecnici, o di assessori, che non sai mai se rivedrai l’anno successivo. Mi auguro che la nuova giunta sia più stabile.
E sulla nuova amministrazione Raggi sai fare previsioni?
Luca Bergamo, il nuovo assessore, è un personaggio noto nella scena culturale romana. Ha fatto tante cose - il festival Enzimi, ad esempio. È stato quello che, per primo, ha portato molti artisti importanti a Roma. Se vuoi, possiamo considerarlo più un collega che un politico. Spero che abbia quella coscienza che per troppi anni è mancata. Spero che si ponga in modo serio e riesca a creare un dialogo interessante con tutte le realtà romane. Serve una persona competente che capisca le varie problematiche ma anche i reali vantaggi che una città come Roma può avere - e deve avere - dalle attività culturali. Spero davvero che si riesca a creare qualcosa di bello, tutti insieme.
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L'articolo Il Central Park di Roma: come Villa Ada ha portato 23 anni di musica nella capitale di Sandro Giorello è apparso su Rockit.it il 2016-06-30 12:09:00
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