Di solito, quando si fan questo genere di articoli, si prende come scusa un anniversario, oppure una celebrazione, una ricorrenza, un successo internazionale, insomma qualcosa di correlato all'attività attuale o quanto meno recente dell'etichetta che in qualche modo li giustifichi. Altrettante volte poi, invece, non è raro che siano proprio le etichette a proporli, per creare un certo “hype” (un tempo si sarebbe detto interesse) nei confronti delle stesse label. Questa volta è andata diversamente. Perché il collettivo We Were Never Being Boring o (per amore di sintesi, abbreviato in)WWNBB è una di quelle poche etichette che si distinguono tra le più riservate e refrattarie ai tradizionali meccanismi promozionali che la storia della popular music si ricordi. Esclusa la fisiologica promozione dei loro artisti, interagire direttamente con loro, specialmente dopo il loro periodo di sparpagliamento per i quattro angoli del mondo, è impresa assai vicina all'impossibile.
Non si tratta di un'iperbole, non a caso è una delle poche etichette che non riempe web e cartaceo con la propria autocelebrazione più o meno continua, ma non è nemmeno un motivo sufficiente per rinunciare a tracciarne, analizzarne e come mio solito commentarne la vicenda artistica: peculiare e a tratti unica, indipendente, talvolta fraintesa, a tratti rivoluzionaria ma per niente arrogante, mai interrotta, al limite scomparsa dalla vista per il lungo tratto pandemico, prima di rispuntare in superficie, come fiume carsico. Seguendo i propri tempi e soprattutto la propria etica (non a caso nel 2020 li vede pubblicare solo due uscite, i Flamingo e i Prim, in un clima generale di tappabuchi di ogni genere e fattura), dettata in toto dalla propria necessità di esprimersi come collettivo e mai dalla routine presenzialista del music business di cui fanno nondimeno parte.
Impossibile è anche tirare in ballo i ragazzi di WWNBB senza tirare in ballo almeno 5 dei tanti dischi che hanno elettrizzato la stampa e ai quali vi vorremmo indirizzare (come spesso abbiamo fatto con alterne fortune) ma senza parlarci addosso, quindi con parole altrui, per approcciarvi alla loro idea di musica da titoli meno scontati, nocciolo di espressioni parallele che sono esplose con altri nomi e altra intensità, dalla dark-wave allo shoegaze passando per l'art-punk. Potrebbe essere anche un incipit per andare oltre il trend dei primi della classe (o dei cocchi della maestra...) e guardare ad etichette che, indipendentemente da tutto, continuano a fare uscire ottima musica. Con buon gusto e pertinenza. Proprio come i ragazzi del collettivo WWNBB.
NOME: We Were Never Being Boring, per brevità WWNBB
DA QUANDO: 2009 – in attività
DOVE: Tra Brescia, San Francisco e Bologna
CHI: Un paio sono musicisti, Samuele Palazzi aveva fatto parte, tra le altre band, dei Calorifer Is Very Hot! e ora è nelle Ian Fays; Alessandro Paderno suonava nei Le Man Avec Les Lunettes, nei Frida & Ale e ha uno studio di registrazione; Enzo Baruffaldi cura un programma radiofonico e un blog musicale dal 2001. All’inizio c’era anche Nicola Donà, che ora ha un ristorante a New York.
USCITE: 158 secondo Discogs, poco più di 200 per i diretti interessati.
FORMATI: LP, CD, 10’’ pollici, 45 giri e uscite in digitale. Hanno pubblicato anche una cassetta, lo split tra Burnt Palms e Kids On A Crime Spree.
LA STORIA
We Were Never Being Boring è un'etichetta discografica indipendente, formata sostanzialmente da un gruppo di amici collegati in modi diversi al mondo della musica. “L’etichetta è nata nel 2009, in in un momento in cui, per diversi motivi, sia banalmente personali che di mutamento del mercato, eravamo tutti un po' stanchi della nostra piccola scena. Non abbiamo mai preparato un business plan e non avevamo progetti a lungo termine. Ci piaceva l’idea di reagire all’apatia mettendoci assieme e cercando di creare qualcosa di bello a modo nostro. Poi le cose sono andate per le lunghe, ma è solo perché perdiamo sempre molto tempo”. A parlare è Enzo che poi mette chiarezza sulla chilometrica ragione sociale: “Il nome l’abbiamo preso da un curioso verso dei Pet Shop Boys, che magari non c'entrano molto con la musica che pubblichiamo ma che ci piacciono molto: ci sembrava che quella canzone, sotto il velo nostalgico, raccontasse bene la nostra idea, un po' naïf e piena di entusiasmo, che la musica non dovesse mai diventare mai qualcosa di noioso. E poi ci piace che l’acronimo sia quasi impronunciabile!”.
LE FONTI
Associati, per i contenuti musicali delle loro uscite, a gruppi del circuito Sire, Sub Pop, Kill Rock Stars ma anche 4AD e Factory Records, è interessante sapere da Enzo quanta “consapevolezza” ci fosse all'inizio rispetto a tali metri di paragone e quanta verosimiglianza c'è, in sede di recensione, con le effettive fonti. “Quando abbiamo cominciato non ci siamo ispirati consapevolmente ad altre etichette. Non facendo questo lavoro full-time è impossibile sentirsi all’altezza di certi miti, e quindi meglio restare con i piedi per terra. In fondo, ci consideriamo più un collettivo di amici e di gruppi musicali che una vera e propria label. Tra le etichette in attività, direi che la Slumberland Records rappresenta un modello di coerenza e di visione, sempre capace di rinnovarsi mantenendo fede alla propria tradizione, e coltivando nei decenni un pubblico appassionato. Un'altra che consideriamo un modello per etica e intraprendenza è la Emotional Response di Stewart Anderson, dei leggendari Boyracer, un punk inglese trapiantato negli States. L’entusiasmo che mette è contagioso”.
RICORDARSI LA PRIMA VOLTA
Come direbbe Daniele Tinti, la prima volta non è soltanto la prima volta, la prima volta è un luogo dell'anima. Enzo se la ricorda così. “La prima uscita è stata in un formato assurdo, un CD 3 pollici fatto a mano che conteneva 4 cover di So Bored di Wavves, un tormentone lo-fi indie rock che era onnipresente nell’estate in cui siamo nati. Ci piaceva giocare con il titolo, con l’idea di quella noia un po' blasé degli esperti di indie rock”. E ancora: “Grazie al fatto che una delle cover era firmata da Jonathan Clancy, con il suo progetto di allora His Clancyness, il nostro esordio fu segnalato da Pitchfork. Le uscite successive misero subito in chiaro che non avremmo fatto molto per ripetere quel successo: il nuovo album dei Calorifer Is Very Hot!, il debutto del duo svedese/islandese delle My Bubba & Mi, il nuovo EP della cantautrice twee pop norvegese Soda Fountain Rag...”.
FARE IL BOTTO
C'è sempre un momento, nella storia di un'etichetta indipendente di qualità, in cui uno o più artisti iniziano a girare di bocca in bocca e, mano a mano, entrano a far parte d'un immagine underground collettiva. La prima volta che è accaduto alla WWNBB è probabilmente stato con il debutto dei Be Forest (WWNBB#19), a soli due anni dalla nascita dell'apolide etichetta. Ma vale la pena chiedere conferma a Enzo. “Non so se nella storia di WWNBB ci siano state veramente uscite chiave, però ricordiamo il momento in cui è uscito How it's Done in Italy delle My Bubba & Mi (WWNBB#11), primo disco che ci ha portato una certa visibilità all’estero, che ha avuto un riscontro in termini di vendite, e che ci ha fatto capire che si dovevano fare le cose in maniera più seria o almeno un po’. Poi certo gli esordi dei Be Forest e dei Brothers In Law (WWNBB#43), con tutto quello che hanno realizzato dopo, sono tappe molto belle e molto importanti. Una nuova generazione di band si stava appropriando con autorevolezza di un certo suono, e lo faceva da una città definita “di provincia” come Pesaro, e poi da lì sono partiti per tour internazionali, raccogliendo un pubblico incredibile e mantenendo tutta la loro carica autentica. E' stato fantastico vedere succedere tutto questo da così vicino e poterli accompagnare”.
L'HO INVENTATI IO
“Qui il nome è quello di BIRTHH, perché non era mai capitato che una cantautrice, praticamente esordiente, attirasse da subito così tante attenzioni, anche da parte di major, delle etichette 'quelle vere'! Il talento di Alice nel mescolare cantautorato, melodie soul ed elettronica è unico, e Born In The Woods (WWNBB#78) è uno degli album che più siamo orgogliosi di avere pubblicato”. Al di là del quote alla Pippo Baudo, la WWNBB è veramente una delle poche etichette che può vantare di avere dato lo start non solo a molti artisti che hanno trovato in altri lidi fama e celebrità (pensate a Hey There Stranger dei A Classic Education, numero di catalogo WWNBB#25, o il debutto su EP degli osannati Leatherette, Mixed and Wasted, numero di catalogo WWNBB#131), ma di avere non solo saputo captare e capire lo spirito dei tempi, ma intuirne molte delle future evoluzioni. E così se da un lato il kraut degli a/lpaca, il chill pop dei Twin Room, lo shoegaze dei già citati Be Forest (i quali al debutto avevano un solo accenno di che cosa fosse “shoegaze”, loro amavano XX e Cure), lo psych-pop dei Weird Black, sono tutti arrivati in tempi non sospetti, da apripista, grazie all'intuito della WWNBB (come fu per i Nirvana con la Sub Pop se volete il paragone eclatante), dall'altro non hanno mollato la presa con nomi di alto potenziale nei momenti più bui, ossia quando la moda gira: penso a i mai dimenticati Le Altre di B, The Jackson Pollock, Koko o Francesca Bono.
DOMANI SMETTO
Più triste e complicato è indicare le uscite più sottovalutate, bistrattate, quelle che hanno messo a dura prova le finanze e quindi l'esistenza dell'etichetta stessa: “Probabilmente abbiamo un intero catalogo di cose che sarebbero dovute andare diversamente. Tra i nomi italiani, citerei gli Hund, da Venezia, una versione infuocata dei DIIV, che con noi pubblicarono un CD e un 7 pollici. Ma anche l’album dei californiani Crescendo, tra Radio Dept. e Smiths, non ebbe le attenzioni che si meritava e in seguito il progetto si perse per strada. E poi abbiamo pubblicato quasi tutti i dischi di ANT, cioè Antony Harding, negli Anni Novanta batterista dei leggendari Hefner, dedito ora a un cantautorato intimo e poetico, forse troppo poco rumoroso per questi tempi”.
INTERNET DILEMMA
La WWNBB è un'etichetta sicuramente post-Myspace. E di questi tempi vuol dire molto, perché ci permette di approfondire che rapporto possa avere una etichetta indie col mondo delle piattaforme musicali on-line, ma un'etichetta nata del limbo - non così vecchia da arroccarsi stoica a un'etica ed estetica oramai passatista ne così giovane da non comprendere neanche l'idea di un formato fisico. “Non possiamo prescindere dalle piattaforme di streaming, come tutti: sarebbe sciocco credere di poterne stare fuori. D'altra parte, siamo anche convinti che le piattaforme rappresentino una delle principali cause di quella noia di cui parlavamo prima, la difficoltà di relazionarsi con un disco con passione, ricordarsi le cose successe anche solo la settimana scorsa. Discorso parzialmente diverso va fatto per Bandcamp: non rappresenta certo il Sol dell’Avvenire, e a conti fatti non è economico, però ponendosi in primo luogo come strumento di distribuzione per etichette e artisti, e non come rubinetto da cui il pubblico può far scorrere musica in continuazione, ha l’approccio che ci sembra più giusto nei confronti del digitale. Se manterrà le interazioni social limitate, se potenzierà l'aspetto video e quello live, e se non abbandonerà la parte editoriale e giornalistica, continuerà a delineare la migliore alternativa, soprattutto per chi opera nel campo indipendente”.
SUD SUD-OVEST
La collaborazione col festival SXSW è quasi certamente tra le cose per cui la WWNBB fa rosicare un sacco di gente la fuori. Ma l'idea che il suo nome appaia tra le prime ricerche di Google quando si cerca la decennale kermesse primaverile di Austin, Texas, fa inorgoglire noi che non c'entriamo niente e non osiamo immaginare i diretti interessati che fanno parte della squadra da oramai quasi dieci anni. “È nato tutto in un modo semplice e casuale. Nel 2013 abbiamo fatto l’application per i Brothers In Law e sono stati accettati al primo colpo. Hanno fatto uno showcase, e poi si sono visti mille concerti, da veri appassionati quali erano. Ho un bel ricordo di Guagno che inchioda a parlare di dischi e gruppi tipo per mezz'ora Mike Schulman, il quale però non era esattamente sobrio, ma cercava in tutti i modi di reggere il discorso con questo fan che era felicissimo di conoscerlo. Noi ci siamo trovati subito benissimo, anche se non avevamo ancora idea di come funziona la macchina gigantesca di questo festival. Siamo tornati con i Be Forest, che hanno avuto un bel riscontro, e la responsabile dei booking South Europe si è scoperta essere loro grande fan. Ha invitato Samuele a fare il relatore a un panel e poi ci ha proposto di diventare presenter, cioè organizzatori di showcase. Da lì, anno dopo anno, ci siamo trovati sempre più a nostro agio, e abbiamo un bel rapporto con gli organizzatori, che si fidano delle nostre proposte. Quest’anno abbiamo curato una serata al Chess Club, locale piccolo ma in posizione strategica, e nel quale passano tutte le band più hype di ogni edizione”.
SOGNI NEL CASSETTO
Oggi come oggi, per un'etichetta indipendente, superare indenni il quindicesimo anno di attività, è cosa che desta meraviglia. Ve lo mette per iscritto chi si è visto scrivere da una di queste per essere avvisato, aperti verbis, di non essere nominata in un dato articolo in quanto non esisteva più. Così, da Natale a Santo Stefano, come si suol dire. Ma c'è ancora spazio per sognare? “Sinceramente non ci siamo mai dati troppi obiettivi a lungo termine: ogni band è un incontro nuovo, ci innamoriamo di un disco, cerchiamo di farlo uscire, cerchiamo di farlo conoscere a quante più persone possibile, cerchiamo di fare in modo che la band sia nelle condizioni di portarlo in giro nel migliore dei modi. Sappiamo di essere dei dilettanti ma cerchiamo di mantener una nostra sincerità e autenticità, senza perdere la passione. Non abbiamo mai parlato di quanto dovessimo crescere o andare avanti. I sogni per un'etichetta come la nostra sono cose che con molta probabilità altre etichette giudicherebbero semplici: fare bei dischi, arrivare a fine anno senza rimetterci troppi soldi, riuscire a creare qualche piccolo evento che alla fine ci faccia dire be' ragazzi, abbiamo fatto una piccola cosa bella e tutti sono contenti”.
DICONO DI LORO
Be Forest – Cold (2011)
“Nove tracce congelate dai rumori sottili della foresta più scura (...) Riverberi dappertutto e batterie come pulsazioni arteriali. Pochi elementi essenziali, che sembrano investire il disco (Cold, per l’appunto) di un’energia primordiale, pura e glaciale. Nove tracce riempite di suoni distesi, in cui le percussioni sono l’involucro spesso che tiene al riparo le melodie dense come vampate di freddo, piccolo regalo da guadagnarsi a fatica in mezzo a tutti questi rovi”. (Nino Giglio)
Big Cream – Hanging (2022)
“Dalla prima volta che abbiamo incrociato i Big Cream abbiamo imparato che 1, il loro nome vuole dire sborra e 2, che se deve essere guerra, conviene affilare le spade (…) Detto in maniera semplice: i Dinosaur Jr. si sono trasferiti da qualche altra parte e al loro posto sono venuti ad abitare i Sonic Youth. Fuori dai riassunti lapidari c'è tutto un disco di canzoni riffoni e voci sgraziate a cui, come da politica della casa, troverete parecchio difficile resistere”. (Francesco Farabegoli)
a/lpaca – Make It Better (2021)
“L'estetica degli a/lpaca non si nutre di soli ritmi motorik e linee di chitarra squadrate; c'è dentro dal garage rock più marcio e scontornato alla scuola psichedelica nostrana, dai King Gizzard And The Lizard Wizard al catalogo mesmerico e catatonico di Rocket Recordings (...) Non proprio la cup of tea del pubblico italiano (anche in parte quello alternativo), gli a/lpaca faranno certamente strada invece nei club della Berlino di Anton Newcombe come a Londra e oltreoceano. (Michele Corrado)
Twin Room - Hint (2014)
Elettronica che viaggia tra chill, pop, synth e dance con incredibile savoir-faire (...) i Twin Room (ovvero Bart dei Cosmetic e Luca dei Fitness Pump) mescolano approcci e intrecciano stili creando un percorso davvero interessante e ricco di potenziali hit, dove l'uso delle macchine non prevale mai sulle sensazioni che muovono il pezzo: elettronica che viaggia (...) e io mi innamoro innumerevoli volte, lo so, questa volta di loro. (Margherita G. Di Fiore)
Brothers In Law – Raise (2016)
“In definitiva, abbiamo una band che era partita bene con il debutto ma che ora dà già l’idea di aver raggiunto la piena maturità. Raise è un disco non solo perfettamente centrato e impeccabile sotto ogni punto di vista, ma ha soprattutto un forte potere di coinvolgere l’ascoltatore, perché sembra uno di quei viaggi nei quali la perfetta organizzazione ha anche il pregio di non far mancare mai il senso di sorpresa ed emozione in chi vi partecipa”. (Stefano Bartolotta)
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L'articolo We Were Never Being Boring: entusiasti, indipendenti, impronunciabili di giorgiomoltisanti è apparso su Rockit.it il 2025-03-17 09:40:00
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