Il trio veronese si lascia alle spalle una prima esperienza discografica del 2010, l’Ep 23 per l’etichetta Jestrai Records, e il fortunato e celebrato cd d’esordio Anamorfosi (2011, Black Widow), per tornare sulle scene con nuovo album della maturità, il cui titolo evoca immediatamente l’immagine di un luogo dove si lavora e si crea alacremente.
L’ALVEARE, meno istintivo e più pensato del precedente, è un album che segna l’evoluzione di un rock ricco di distorsione e melodia, focalizzando l’attenzione sull’essere umano nella sua totalità, con le sue emozioni e la sua storia.
Messaggi e temi molto forti ne impregnano il tessuto: il male, la guerra, il razzismo, la disillusione e la riflessione sul dolore e sul potere costruttivo dell’amore.
Il lavoro delle api, il ronzio di quel caos creativo che costruisce cunicoli esagonali e armonie perfette, definisce sia il grande lavoro in studio che sta dietro all’album, sia l’insieme di emozioni umane che attraverso la musica e le parole, comunicano la speranza di migliorare noi stessi e il mondo che ci circonda.
La proposta è raffinata, complicata e omaggia con i titoli delle nove tracce, gli autori della letteratura italiana. Ogni brano nell'intenzione musicale porta un titolo importante in una sorta di sequenza temporale in cui si inanellano perle di musica e parole.
Dai “Rasoi di Seta” di Alda Merini dedicati a chi crede nella forza della poesia e della musica, al canto di Leopardi “A sé stesso” con la sua disillusione nei confronti dell’esistenza umana, all’intensa “Forse il cuore” di Quasimodo sull’orrore e le devastazioni provocate dalla guerra.
Alla fine di tutto, quello che resta e che ci resta… forse è il cuore.
“Il Fu Mattia Pascal” di Pirandello e la menzogna continua alla quale talvolta noi stessi crediamo, e l’orrore del vissuto nel campo di concentramento e le sofferenze inflitte ai popoli di “Se questo è un uomo” di Levi.
Dall’ironia e l’impegno morale di “Satura” (Montale), al bilancio che fa D’annunzio sulla sua stessa vita nel “Notturno”.
“Collezione di sabbia” (Calvino) ci porta verso l’esplorazione del mistero e di ciò che pur essendo meno appariscente è tuttavia più denso di cose da dire.
E quei celebri versi dell’inferno dantesco “Fatti non foste a viver come bruti…” stanno lì a condannare definitivamente chi utilizza il dono dell’ingegno in maniera spregiudicata.
Molto più che nell’album precedente, la musica di questa seconda opera, è musica che mette l’uomo al centro e si discosta dal primo per la maggiore ricercatezza. Feroce e drammatica procede inesorabile con citazioni classiche: vedi il tema del Lawrence d’Arabia, il quintetto di Schumann, Prokofiev, dal balletto Romeo e Giulietta e una delle arie d’opera più belle, “Lascia ch’io pianga“, dal “Rinaldo” di Haendel.
Noi esortiamo a non etichettare una band come LE MASCHERE DI CLARA perché la loro è un’assoluta libertà espressiva.
”Estrapoliamo ogni nostra emozione interna cercando di ridipingerla su enormi tele musicali- spiega Lorenzo Masotto. “Dover per forza dare un nome a un genere porta inevitabilmente l'ascoltatore a non essere libero di guardare oltre.”
La musica classica speziata dalle distorsioni è regina insieme a una ritmica incisiva, che si presenta con batteria e due bassi, contrapposta al quartetto d'archi, al violino e al violoncello di un ospite speciale: Andrea Battistoni, uno dei giovani emergenti del panorama musicale internazionale. A soli ventiquattro anni Battistoni è stato il più giovane Direttore d’orchestra mai salito sul podio del Teatro alla Scala.
L'Alveare
Le Maschere di Clara
Descrizione
Credits
L’ALVEARE è stato registrato al "The Basement" Studio di Federico Pelle con la collaborazione speciale di "Dave" (Davide Venco) sound engineer londinese degli Abbey road, Strongroom e Britannia Row Studios, che ha collaborato con numerosi artisti internazionali (Anna Calvi, i Klaxons, Killing Joke, The Charlatans). Insieme a Dave, dalle riprese ai mix, l'assistenza di Edoardo Piccolo e il mastering di Federico Pelle.
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