Quattro manifesti. Quattro canzoni. Il riassunto di un anno diverso, allucinato, lisergico. Un anno che mi ha spinto al limite della mia creatività, che mi ha tolto tanti concerti, prove e viaggi, ma mi ha anche restituito l'importanza della dedizione. L'amore vero per il lavoro che faccio. Dunque non posso esimermi dal manifestare la mia gioia e la mia rabbia sotto forma di queste quattro nuove canzoni. Quattro pezzi cartacei, ruvidi e spessi, tanto da poterli quasi toccare con le dita. Affissi ben visibili o strappati sul muro rovinato del tempo che scorre.
L’idea di raccogliere in un EP queste canzoni, scritte nel 2019 e prodotte allo Stra Studio da Giorgio Maria Condemi nei vari sprazzi di normalità del 2020, è venuta quasi da sola. Avevo già realizzato le prime due copertine “cartacee” di Henné e Budapest (il manifesto fantascientifico anni ‘80 e la copertina della guida turistica vissuta), insieme al graphic designer Giuseppe Bravo. Poi dopo aver affidato l’artwork del nuovo singolo, Geografia, a Francesca Colardo, partendo dall’idea di un collage di mappe, biglietti, giornali e timbri, si è palesata la possibilità di raccogliere tutti i brani sotto il macro concetto del manifesto. Così è nato “Manifesto canzoni”. Da un gioco di parole, una triplice metafora. Da quattro canzoni appese al muro, dall’urgenza di manifestarle con gioia, rabbia e voglia di rivincita, in una dichiarazione di intenti musicale, fatta di chitarre e sintetizzatori.
Manifesto canzoni
Leonardo Angelucci
Descrizione
Credits
CREDITI
Musiche e testi: Leonardo Angelucci
Produzione musicale: Strastudio - Giorgio Maria Condemi
Mix e Master: Gianni Istroni
Etichetta/Distribuzione: Goodfellas
Ufficio stampa: Purr Press
Grafiche: Giuseppe Bravo
Foto: Matteo Troiani e Valeria Santivetti
Produzione video: Marco Mari – SpottedMind Video & Free Club Factory
Make-up artist/Stylist: Erica Peruggi
Social Media Manager/Web Master: Fabio Mancini
TRACKLIST
1 - Budapest
2 - Geografia
3 - Unghie
4 - Henné
DESCRIZIONE BRANI
Budapest: la copertina di una guida turistica vissuta. L'amore e la distanza raccontati con la metafora del viaggio. Il primo manifesto è un pezzo dalle sonorità indie rock, con rimandi agli anni ‘90, un brano dove si parla di lontananza e di esperienze vissute, ma anche di promesse future e di mete ancora da raggiungere. Così città italiane ed europee passano davanti agli occhi dell’ascoltatore al ritmo incalzante di chitarre e bassi elettrici, in un viaggio circolare, fatto di ritorni e partenze.
Geografia: un collage di mappe, biglietti, timbri, scoperte. L'amore carnale, il sesso come esplorazione del corpo. Il secondo manifesto è un gioco di metafore tra elementi geografici e sensuali. Il desiderio e la bellezza sono raccontati attraverso le parole di un viaggiatore alla ricerca della “capitale del tuo corpo”, un cartografo che traccia mappe sui luoghi più segreti e nascosti dell’amore. La ballad si appoggia su una produzione musicale molto moderna, con contaminazioni elettroniche, che si mescolano agli strumenti suonati in un risultato emotivamente coinvolgente.
Unghie: una lastra che mette a nudo l'essenza più intima dell'amore. Chitarre distorte e sintetizzatori strappano la pelle sulla schiena. Il terzo manifesto è una canzone dalle strofe musicalmente aggressive, con un cantato tra il rap e il parlato, che suggeriscono immagini evocative di esperienze vissute. Il ritornello invece ha un’apertura più indie pop e marca ancora più a fondo la tematica della distanza e della separazione. Forse il brano più sperimentale dal lato della produzione musicale, che miscela synth e distorsioni fino all’ipnotico outro.
Henné: un manifesto di un film fantascientifico anni ‘80. L'inquietudine allucinata da bassi distorti e sintetizzatori. Il quarto manifesto è il primo singolo uscito del nuovo progetto musicale in ordine cronologico. Un brano che viaggia a ritmo di una drum machine e di tastiere anni ‘80, esplorando le tematiche più inquiete legate all’artista e al suo vissuto. La ricerca interiore diventa un mantra, “vivere è non pensare”, come diceva Pessoa, e si conclude nel finale del pezzo con la consapevolezza sottolineata dalla frase “noi non ci realizziamo mai, siamo due abissi”.
COMMENTI