Descrizione

Prendi una band cresciuta a Beatles e Oasis, al quartiere Barona di Milano e la “City” che, vista da là, sembra una barzelletta. Ma che comunque amano.

Mettici l’eredità di anni di esperienza e dischi belli, prodotti da persone brave (Alessio Camagni e Divi dei Ministri). Per poi decidere di prodursi da soli.

Mettici l’ultra sensibilità di un cantautore fragile ma forte, introspettivo e attento, riconoscibile da un chilometro per il timbro, i temi e la scrittura.

Aggiungi le porte dell’indie che non si spalancano nonostante recensioni e show bellissimi, la pace data dal Buddismo e l’inquietudine manifestata in serate alcoliche che all’inizio fanno parte dell’età, poi pesano come pietre, come la sordità dell’industria discografica.

Mettici un quotidiano incerto, la lotta contro i propri demoni interiori (da qui la copertina), i lavori fatti per suonare, che dimostrano determinazione e sacrificio, qualità indubbie ma contrarie alla legge non scritta dell'indie nostrano.

Mettici una coscienza politica forte, mostrata con l’empatia e i toni pacati di chi accoglie e si indigna per l’ingiustizia senza sbraitare, senza slogan.

Infine immaginati persone che non vedi da un anno ma che sono le uniche a cui ti viene voglia di raccontare di te e che ti fanno ridere come raramente accade.

Considera tutto questo e forse sai di più su chi sia L’Introverso.

Quello che non sai è che il nuovo disco, "Shock", rappresenta un nuovo corso per la band, che ha cambiato pelle. Tutto è più a fuoco e più essenziale. Perché?

Perché questo disco è suonato in presa diretta, voce, chitarra e basso nella stessa stanza, per catturare l’attimo, fotografare un’emozione, senza fronzoli, senza dover per forza arrivare a “un prodotto”.

Perché questa decisione ha avuto l’effetto stupefacente di rendere tutto più vero, più godibile e paradossalmente più “prodotto” (con grande soddisfazione di Alessio Camagni, co-produttore del disco, intervenuto più come “vecchio saggio/druido e come argine all’ipersensibilità diffusa, che come supervisore degli arrangiamenti).

Perché la batteria è stata sostituita da una drum machine immobile, vagamente dark, senza fuochi d’artificio, aumentando l’intimità. E i cori sono tutti di Marina Pace, che non capisci se faccia la parte dell’angelo o della bambina posseduta.

Perché le canzoni sono ipnotiche, i ritornelli ti si attaccano addosso e non solo perché sono orecchiabili, ma perché ti stordiscono e il loro ripetersi come un mantra non ti lascia scampo.

Una band che negli anni non si è arresa, non ha gridato al complotto e ha di fatto realizzato un album solo per se stessa, ha invece sfornato un disco in cui qualsiasi ritornello può essere cantato da un ventenne o un quarantenne. In fondo non è questo il pop? Che SHOCK per L’Introverso.

Alessio Camagni, co-produttore di "Shock" e fonico della band dal disco d'esordio

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