Il disco, autoprodotto, è una panoramica grottesca ed esasperata di personaggi reali, dove tematiche (dis)umane e dissacranti dominano con un gioco di scrittura prettamente narrativo. I testi richiamano immagini vive, forti e in alcuni casi folli, arricchiti da una nuova carica espressiva che la voce di Luca Ferraris ha acquisito nei tre anni di performance e concerti tenuti in terra messicana.
Fa da filo rosso con i precedenti album il forte gioco di contrasti tra momenti estremamente poetici e tematiche spesso crude e surreali. Si pensi a “Rosa dei veneti”, storia di una ninfomane che racconta in prima persona la violenza subita dal padre in età infantile, canzone dalla poetica ribaltata e anticonvenzionale, nella quale la luna appare inaspettatamente come ispiratrice di presagi funesti e ricordi tremendi, al punto da essere “maledetta”. Oppure a “L’erotomane”, spaccato crudo e realistico di un pazzo, anche questo narrato in prima persona, e trattato con un linguaggio quasi infantile, che mette lo spettatore nei “panni emotivi” della sensibilità deviata di un folle. E c’è ancora “Teresa”, storia di disperazione di un soggetto miserabile che, solo per un piccolo tornaconto personale (tre caramelle Rossana, mille lire, un gettone per un autoscontro, un maglione e una tivù), finisce per tradire la propria fidanzata con la nonna di lei. Non sono un caso la citazione e l’omaggio, in “Albano ed Eva”, a due grandi maestri dell’arte grottesca italiana: Ciprì e Maresco.
Vi è un nero sempre sorridente, ironico e pirandelliano in questo lavoro. Un cinismo debole, non troppo credibile, che si autodistrugge nella tensione dei brani e nella presentazione di personaggi apparentemente mostruosi ma in realtà deboli e sensibili, pieni di paure e di ossessioni, accomunati dall’incapacità di adattarsi alla “vita normale” (“L’amore ai tempi del Colella” e “Saverio”).
Nel panorama delle canzoni che narrano per lo più caratteri umani, reali o inventati, fanno eccezione due brani: “Mostri”, un’invettiva sociale e politica, e “La pressione dei Bar”. Quest’ultimo è il singolo nonché il simbolo del disco, l’unico pezzo totalmente autobiografico, l’unico senza nomi e senza un protagonista vero e proprio, una sorta di flusso di coscienza che tratta il tema della fuga.
A una prima e superficiale lettura, il disco potrebbe apparire anticonformistico e dissacrante, in realtà non manca una tensione che fugge dagli aspetti più materiali e negativi dell’esistenza per ricercare un senso più profondo, quasi a voler cercare nella semplicità delle piccole cose e nella bellezza della vita un rifugio sicuro. Sensazione che si palesa, non a caso, nel brano di chiusura, ambientato in uno scenario caraibico vitale ed animistico: “Puerto Morelos”, l’episodio più ottimista di Luca Ferraris (“e se un altro ciclone dovesse arrivare, chi dice che il faro giù al porto non si può raddrizzare?”).
Ad aggiungere spessore artistico e poetico a “La pressione dei Bar” è la collaborazione con l’artista di Brooklyn Jeff Tocci, pittore al quale sono state affidate le suggestioni dell’album. Jeff ha disegnato su carboncino la copertina del disco, dimostrandosi perfettamente in linea con la poetica del cantautore pordenonese, ritraendone i personaggi strambi e caricaturati. Domina, al centro della copertina, “L’erotomane”, portato di forza dai medici verso il bar più vicino.
La pressione dei Bar
Luca Ferraris
Descrizione
Credits
Luca Ferraris: Pianoforte, charango e voce
Paul Mazzega: Batteria (coproduttore del disco insieme a me)
Francesco Socal: Clarinetto e clarinetto basso (Suona ed è il leader del gruppo “Minimal klezmer”)
Sergio Marchesini: Fisarmonica (Compositore, autore e musicista insieme a Giorgio Gobbo de “La Bottega Baltazar”)
Pietro Sconza: Contrabbasso
Giulio Gavardi: Chitarre
Enrico Milani: Violoncello
L’erotomane è invece suonata ed arrangiata insieme ad una formazione stravagante di tre elementi. Loro si chiamano “Friedrich Micio” e sono:
Matteo Minotto: Fagotto
Enrico Milani: Violoncello
Pietro Pontini: Viola e violino
“La pressione dei bar” è stato registrato dal vivo (con l’eccezione di “Saverio”, registrata in Messico), tra il 24 e il 25 ottobre 2017 al “True Colours Studio” di Padova, la produzione è a cura di Luca Ferraris e Paul Mazzega.
Altra eccezione è la canzone “Saverio”, concepita, nata, scritta, prodotta e registrata interamente in Messico con la collaborazione di talentuosi compositori, nonchè grandi amici:
Luca Ferraris: Charango e voce
Babboo: Contrabbasso e cori
Marco Buonamico: Voce
Luks Russo: Chitarra
Xchel Cruz: Fisarmonica
Paquito Jiménez Vasquez: Percussioni
La produzione è stata totalmente a carico del produttore Rafael Díaz dell’ RD Studio di Oaxaca.
Anche “El rudo” ha una storia a parte. Registrata dal vivo in Messico con la Banda Filarmonica del CECAM, è la versione in spagnolo de “L’amore ai tempi del Colella” ed è arrangiata dal Maestro Leovigildo Martinez e diretta dal Maestro Silvestre Cardozo.
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