Mosè Santamaria è un cantautore che ha ascoltato tanto Franco Battiato e Juri Camisasca, ma non è che ha creduto proprio a tutto quello che gli dicevano. Poi ha letto Jodorowsky, Gurdjeff e gli Esseni e a questi (forse) ha creduto un po' di più.
Ha affidato il suo disco alle mani esperte di Martino Cuman (Non Voglio Che Clara) e insieme a lui l'ha rivestito di chitarre, piano e di intelaiature elettroniche ricche di beat digitali, synth analogici, squarci astrali; sebbene “#RisorseUmane” lo potresti suonare dall'inizio alla fine solo con la chitarra acustica.
Perché in fondo le canzoni di Mosé Santamaria stanno sempre in bilico sui limiti che separano i generi, le influenze, gli immaginari e le percezioni più disparate. Si nutrono dell'ambiguità lucente e ironica di chi sta sui confini e vaga in ricerca di sé con un sorriso di scherno sempre pronto ad essere sfoderato. Tutto sommato i suoi brani non sai bene come prenderli o cosa aspettarti e proprio come i tarocchi sanno sorprendere e dirti qualcosa di Altro.
Sono canzoni mistiche, ma di un “misticismo quotidiano” – come ama definirlo lui – che guarda al cosmo di cui siamo fatti, alla terra madre generatrice e pure al bar dello straPaese italiano. Sono tracce ambientate in provincia ma anche a Genova, che per Mosè è una specie di Gerusalemme, una città esoterica invasa dai centri commerciali dove il mare non si vede più e nessuno va a trovarlo. E poi citano la poesia ma anche l'immaginario più popular, sono serie ma anche terribilmente sarcastiche, hanno una loro leggerezza ma quando non lo diresti ti porgono una verità che è interamente tua. E non fa nulla se magari stanno semplicemente parlando d'amore oppure della prostituzione, del colonialismo di quartiere portato dalle multisale e dai mall, della gente di provincia che crede di essere stata rapita dagli alieni, dell’assenteismo alle urne, della xenofobia e della religione.
Questa sua verità Mosè non la cala dall'alto, non ha nulla di new-age, anzi. E' un'esortazione a tornare ad essere “#RisorseUmane”, a “risorgere” e convertirsi da unità produttive-consumatrici a esseri cosmici, svegli, radicati nel qui e ora della materia. E' un invito a tornare uomini e quindi ad essere “Come gli dei”.
Potreste scambiarlo per un monaco cenobita postmoderno Mosè Santamaria. Oppure per il beffardo proprietario di un Magic Shop 2.0. O ancora per un seguace del PNL o della metagenealogia. Ma nessuna di queste figure incollate su di lui risulteranno del tutto false e o del tutto vere. E alla domanda se questo cantautore pop cosmico ci fa o ci è noi non possiamo fare altro che rispondere che Mosè Santamaria molto semplicemente va. Anzi vaga: “E vagheremo come milanesi in vacanza / Per il Porto Antico alla ricerca di una terra santa / Con la speranza che un Giuda Sincero / Da Sotto Ripa ce la benedica / Tra un bicchiere di vino e un panino, / come gli dei”.
#RisorseUmane
Mosè Santamaria
Descrizione
Credits
Prodotto da Martino Cuman
Parole di Mosè Santamaria
Musiche di Mosè Santamaria con la collaborazione di Martino Cuman e Marcello Batelli
Marcello Batelli: chitarre elettriche, chitarre acustiche
Fabio Brugnoli: flauto traverso
Nicola Ciccarelli: batteria
Martino Cuman: basso elettrico, piano, programmazione, rhodes, sintetizzatori
Mosè Santamaria: voce
Registrato da Matteo Franzan e Martino Cuman con l’assistenza di Enrico Bellaro
Mixato e masterizzato da Matteo Franzan
Studio di registrazione: Bass Department Records – Verona
Edizioni Musicali Bass Department Records
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