Ogni volta che Anastasio pubblica un singolo e ce lo comunica in televisione, le colonnine di destra dei siti generalisti e i critici di una certa età impazziscono e aprono la fontanella degli elogi superlativi: commuovente performance, geniale rivisitazione, esibizione da brividi, De André, Jannacci, Gaber. Dopo Generale, i Pink Floyd e Sanremo, è successo di nuovo con Il fattaccio del vicolo del Moro, la sua nuova canzone/teatro, un melodramma a tinte fosche basato sul monologo Er fattaccio di Amerigo Giuliani, che Anastasio ha dichiarato di aver visto da piccolo nella versione di Gigi Proietti e di essersene innamorato.
Una tragedia familiare, la confessione di un omicidio interpretata a cuore aperto, con un pathos che sale sempre di più, fino a scoppiare sul finale, con una forte morale. Un rap, il suo, che piace un sacco a chi il rap non l'ascolta, al pubblico generalista della Rai – e di X Factor, che alla fine siano sovrapponibili? – , o magari a quelli che Achille Lauro sembra un drogato e che il Sanremo di Baglioni "doveva vincerlo Ultimo".
La definizione rapper sta allo stesso tempo larga e stretta ad Anastasio, perché il ragazzo scrive velocemente e bene, infilando tutta la possibile retorica, ma certamente sapendo usare le parole. Si capisce che nella sua espressione c'è di più, è una sorta di cantautore prestato alle barre ma anche una voglia matta di fare l'attore. Ha vinto un talent, e il rap serio da lì non ci passa, e infatti Anastasio di amici rapper ne ha davvero pochi e di estimatori nel genere anche meno.
A rendere meno intelleggibile il quadro, ha una posizione politico-etica non del tutto chiara – o forse troppo, ricorderete certo lo scandaletto dei like a Salvini e Casa Pound –, e vorrebbe cavarsela definendosi un libero pensatore. Egreen l'ha distrutto verbalmente, quando Anastasio si è dissociato da tutta la scena: "Tutto fa presa perfettamente perché il nuovo linguaggio è questo: per arrivare ai giovani, sempre più confusi e senza punti di riferimento, bisogna cantare la confusione stessa, scriversi in faccia, farsi lo Xanax, vivere alienati e senza amor proprio. Forse sono belle le canzoni, ma sta roba è dannosa".
Il fatto è che ad Anastasio della scena, della street credibility, dei featuring coi suoi simili non freghi proprio niente e preferisca cantare con Fabrizio Moro. L'ex re di X Factor sembra nato per fare le ospitate in tv con un pezzo che parte piano e poi diventa sempre più intenso, in cui parla di disagi e frustrazioni "che fanno pensare", come scrive sempre Repubblica quando lui pubblica qualcosa. Dopo il talent ha fatto un tour nei club andato più o meno sold out, dove ha cantato pochi inediti e molte cover famose, di cui ha cambiato il testo.
Un'operazione abbastanza facile: la musica è già conosciuta, ci metti un po' di barre arrabbiate e la gente apprezza eccome. La fine del mondo, il suo singolo da talent ha 29 milioni di streaming su Spotify, i commenti dei suoi fan al nuovo singolo Il fattaccio sono entusiastici: bentornato artista, sei il nostro Eminem, vogliamo un pezzo con Rancore e Murubutu, che penna che hai (ma il testo non è suo), a me non piace il rap ma mi hai fatto piangere.
All'italiano medio piace piangere, piace incazzarsi, e pare piacere la canzone teatro col colpo di scena finale, quella che trova il suo climax in Minchia signor tenente di Giorgio Faletti, un attore prestato al canto (e in seguito alla scrittura di thriller), che tira giù il teatro quando parla di mafia e dei poveri poliziotti che muoiono per difendere degli ingrati come noi. Mia mamma, da me prontamente intervistata sull'accaduto, mi ha detto "Anastasio è bravo". "Rispetto a chi, madre?", l'ho incalzata, ed ella, senza neanche pensarci ma eludendo saggiamente il paragone: "Dice delle belle cose".
La signora ha la sua età, non ha raffronti, il rap vero e proprio non lo conosce e figurarsi se si interessa ai nuovi fenomeni, a meno che non finiscano sulle poltroncine della Balivo, da Giletti o dalla D'Urso. Sarebbe però semplice bollarla così: Anastasio è il rapper degli italiani medi. In realtà c'è molto di più: è davvero bravo. Usa davvero bene le parole e riempie il vuoto di quelli che, pur non essendo combat progressisti oppure fanatici della moda, non disdegnano il rap fatto bene. Insomma, c'è della sostanza, oltre alla consapevolezza di ciò che funziona e di spazi da occupare.
La sua presenza a Sanremo è altamente caldeggiata e vista la selezione nazionalpopolare che di sicuro farà Amadeus, altamente probabile. Potrebbe essere uno dei vincitori, se azzecca il testo giusto per la platea dell'Ariston. Ma a noi interessa ciò che succederà quando e se Anastasio deciderà di fare il musicista fino in fondo senza più la televisione di mezzo e il web come cassa di risonanza: fino a quel momento rimane uno bravo a scrivere e parlare su una base, ma di fatto un ospite alla Brignano, non quando fa il comico per cavernicoli ma quella volta che porta il pezzo serio, sulla morte del padre e fa piangere anche Obama. Qualche volta piango anche io, in preda alla catarsi, ma questo non vuole dire che mi sia piaciuto davvero.
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L'articolo Anastasio, più che Gaber pare Enrico Brignano di Simone Stefanini è apparso su Rockit.it il 2019-12-02 09:53:00
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