Appena la NASA ha annunciato la scoperta di un nuovo sistema planetario, il primo pensiero che ci è venuto in mente è stato chiederci se almeno su uno di questi sette nuovi pianeti ci siano delle forme di vita e, soprattutto, se mai avranno ascoltato quei famosi Golden Records che noi terresti abbiamo spedito nello spazio ormai quarant’anni fa.
Per chi non se li ricorda, si tratta di due dischi d’oro al cui interno sono presenti immagini, canzoni e discorsi audio in grado di descrivere la nostra civiltà che l’agenzia spaziale americana aveva deciso di inviare nello spazio nella speranza che qualcuno (o qualcosa) li trovasse. Il contenuto di questi due preziosi dischi era stato reso pubblico sull’account SoundCloud della NASA e, in seguito, era stata prevista anche una versione in vinile.
Il progetto era stato curato nell’estate del 1977 dalla scrittrice Ann Druyan, l’astronomo Carl Sagan, il giornalista Timothy Ferris, oltre ad un piccolo numero musicologi. “L’idea era quella di costruire un’Arca di Noé che rappresentasse la cultura, le esperienze e i sentimenti umani” - racconta a Pitchfork Ann Druyan - “È stata la massima espressione del talento di Carl Sagan e l’esempio di come la nostra migliore tecnologia fosse in grado di raccontare l’animo umano”.
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Per circa quattro mesi la scrittrice e il suo team hanno lavorato ad un album di “world music” - nel senso più ampio del termine, è chiaro - capace di rappresentare al meglio tutta la storia della musica: da Bach a Beethoven, passando per icone come Willie Johnson o Louis Armstrong e molti reperti di musica antica o etnica.
Non tutti i nomi che la Druyan avrebbe voluto nel disco sono stati disponibili: l’editore dei Beatles, ad esempio, le chiese qualcosa come 50.000 dollari per l’utilizzo “Here Comes the Sun” e fu impossibile esaudire tale richiesta dal momento che era difficile calcolare dei diritti d'autore validi per tutta la galassia, e anche perché il budget per l’intero progetto era di appena 18.000 dollari. Di un artista, però, si è detta particolarmente orgogliosa: Chuck Berry.
“Johnny B. Good era come un grande romanzo americano” - racconta Ann Druyan - “Berry era un genio della chitarra, oltre ad una figura senza pari: era un virtuoso, un grande poeta e un grande compositore. Quella canzone racconta la gioia di ascoltare una musica sparata a tutto volume mentre sei alla guida del tua auto su una strada vuota. Inizialmente non volevano inserirla ma sono molto orgogliosa di non aver rinunciato a insistere”.
Ovviamente, vista l’importanza del progetto, non era facile arrivare a scegliere una tracklist definitiva e c'è stato più di un rimpianto. Per la scrittrice la mancanza più grande è stata non inserire Bob Marley: “Avrò ascoltato No Woman No Cry 10.000 volte e, ad ogni ascolto, ho sempre scoperto qualcosa di nuovo. Era un po’ la mia speranza per questo progetto: ascoltare canzoni che, anche a distanza di quarant’anni, potessero insegnarti ancora qualcosa”.
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L'articolo Gli alieni li ascolteranno mai? Ann Druyan racconta la genesi dei dischi spediti nello spazio di Sandro Giorello è apparso su Rockit.it il 2017-02-23 12:11:00
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