Perché studiare i cantautori nelle scuole: ecco il Canone letterario della canzone d’autore italiana

Paolo Talanca, critico musicale, ha redatto un Canone della canzone d’autore italiana intesa come letteratura musicale

Fabrizio De Andrè
Fabrizio De Andrè - www.corriere.it
22/06/2017 - 11:22 Scritto da DanieleSidonio

Un imponente corpus di letteratura musicale. Un materiale che forse proprio per la sua complessità viene considerato, superficialmente, forma meno dignitosa. Per virare in direzione opposta il dibattito canzone-letteratura, riacceso dall’assegnazione del Nobel a Bob Dylan, il critico musicale Paolo Talanca ha redatto un Canone della canzone d’autore italiana intesa come letteratura musicale.

Riavvolgiamo il nastro al 4 giugno, in cui Dylan ha diffuso il suo discorso: “Don Chisciotte, Ivanhoe, Robinson Crusoe, I viaggi di Gulliver, Il racconto di due città, […] i temi di quei libri si sono fatti strada in molte delle mie canzoni, consapevolmente o inconsciamente. Volevo scrivere canzoni diverse da quanto si fosse mai sentito e quei temi erano fondamentali”. Già, canzoni diverse: nell’introduzione storiografica e metodologica del suo saggio, per ora in forma di tesi di Dottorato, Talanca racconta che proprio questa era la prima accezione di quel codice preciso che nel 1969 Enrico De Angelis avrebbe nominato “canzone d’autore”.

Bob Dylan
Bob Dylan

Una forma contrapposta a quella che in “Apocalittici e integrati” Eco definiva “melodia gastronomica”, parente diretta del melodramma e dell’odierna canzone pop. Una legata alla fruizione, l’altra al consumo. La prima in cui le parole si compenetrano con la musica, la seconda in cui, spiega il critico abruzzese, il messaggio è bloccato a servizio di dinamiche mercantili. Talanca usa due termini per sintetizzare al massimo questa divisione: poetica, scelta personale tra le possibilità espressive esistenti, e icona, che riguarda la riproduzione seriale. Un esempio? Brunori Sas e Vasco Brondi sono poetica, Levante e Tommaso Paradiso sono icona.

Torniamo a Dylan: “Le parole delle commedie di Shakespeare erano intese a essere recitate sul palco. Proprio come i versi delle canzoni (già, dice versi) sono intesi a essere cantati, non letti su una pagina”. Questo forse è un equivoco che tradisce fautori e detrattori del rapporto tra canzone d’autore e poesia. Talanca lo chiarisce specificando come si tratti di due codici vicini, anche se la canzone traduce alcuni stilemi della poesia in una forma indipendente, basata su una componente fondamentale: la performance, l’esecuzione accompagnata da strumento. Ecco che il parallelo col teatro, accennato da Dylan, trova fondamento teorico: il testo teatrale viene studiato a scuola come letteratura, ma ha una funzione ulteriore, la messa in scena. Se Shakespeare è letteratura (teatrale), perché De André non è letteratura (musicale)?

Talanca individua un’accezione pura di canzone d’autore nella commistione di tre elementi: voce (il testo), melodia e armonia. Utilizzando un criterio non cronologico ma basato sulla massima potenzialità poetica delle produzioni di ciascun cantautore, distingue due età.
L’età grammaticale, in cui codice si stabilizza e manifesta tutte le sue possibilità espressive. Questa è divisa in tre periodi: novo, avviato da Modugno e completato da Paoli, Tenco, Endrigo, Lauzi, Pietrangeli, Giovanna Marini, Gaber, Jannacci e De André. 
Aureo,
composto da Vecchioni, Ciampi, Edoardo Bennato, Venditti e Guccini.
Maturo,
con Dalla, Baglioni, Battiato, Graziani, Conte, Finardi, Gaetano, Gianna Nannini, Pino Daniele e De Gregori.
Segue l’età applicativa, in cui la canzone d’autore si mescola a linguaggi di maggior impatto. Qui si trovano Vasco Rossi (esempio principe del concetto di “icona”), Fossati, Caputo, Baccini, Bersani, Carmen Consoli, Fabi (l’analisi riguarda il passaggio dagli esordi all’ultimo disco “Una somma di piccole cose”), Cristicchi, Vasco Brondi e Brunori.

Vasco Brondi
Vasco Brondi


La poetica di Brondi viene descritta come una totale decostruzione del rapporto testo-armonia-melodia. Nonostante in “Terra” si sia avvicinato al cantabile, il suo grido rimane intatto in brani come “Qui” o “Nel profondo Veneto”. Il cantautore ferrarese è fulgido esempio di una “scrittura di grado zero”, che si traduce nell’impossibilità del canto, ermetismo in canzone (suggestivo il parallelo con “Alle fronde dei salici” di Quasimodo). Diverso il caso di Brunori, che invece recupera i tratti storici della canzone d’autore come elementi formali. Talanca sintetizza il suo immaginario poetico come “medietà in forma umana”. Punto d’arrivo parziale, o sontuosa summa della sua poetica, sembra essere l’ultimo disco “A casa tutto bene”.

L’ultima parte del saggio è dedicata ai cosiddetti “cantautori novissimi”; non dal punto di vista anagrafico (anzi, sono artisti che hanno iniziato a produrre a fine anni '80) ma per derivazione di una concezione pura di canzone d’autore, distante dalla svolta (o deriva) pop iniziata negli anni '90.
Un esempio? Vinicio Capossela e dischi come “Canzoni a manovella” (2000), “Marinai, profeti e balene” (2011) e “Canzoni della cupa” (2016), lontanissimi dalla fruibilità e dalla mediazione del linguaggio pop. La sua figura, peraltro, è importante secondo Talanca per la spettacolarizzazione della canzone, che col passare degli anni ha assunto una tale importanza da straripare in altre forme narrative a completamento del semplice disco. La schiera dei novissimi è completata da Max Manfredi, Marco Ongaro e Pino Marino.

 

Torniamo un’ultima volta a Dylan, che sottolinea l’importanza della letteratura per la sua formazione, e quindi per la sua poetica: “Tipiche letture da scuola elementare che ti davano un modo di guardare la vita, una comprensione della natura umana e un metro con cui misurare le cose”. Oggi non vale forse lo stesso per le canzoni? Siamo di fronte a due fatti sociali, che in tempi e modi diversi rappresentano sentimenti collettivi e generazionali. Se a scuola si studiano Gozzano e Leopardi, non potrebbe essere altrettanto importante conoscere la poetica del ricordo di Guccini, o analizzare la versificazione della sua “Autunno”, o il ritmo di “Incontro”? Le canzoni formano i sentimenti e avvicinano alla letteratura, perché permettono di comprenderne meglio i meccanismi.

Ampliando il parco di analisi ed esempi, il Canone di Talanca potrebbe essere lo strumento necessario per mettere in pratica quello che per molti è solo uno spunto o un diversivo ludico privo, oggi, di un criterio filologico davvero formativo: studiare i cantautori a scuola.

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L'articolo Perché studiare i cantautori nelle scuole: ecco il Canone letterario della canzone d’autore italiana di DanieleSidonio è apparso su Rockit.it il 2017-06-22 11:22:00

COMMENTI (4)

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  • eugeniaforlucio 7 anni fa Rispondi

    In che senso vuoto?!

  • laura.bocci 7 anni fa Rispondi

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  • laura.bocci 7 anni fa Rispondi

    Commento vuoto, consideralo un mi piace!

  • eugeniaforlucio 7 anni fa Rispondi

    Scusate, e Battisti'Mogol???