Sinceramente pensavo le chitarre fossero morte. Se non proprio morte le immaginavo un po' tristi ed emaciate, in una clinica privata in Svizzera, a ricordare quella estate sul palco di Wembley coi raggi beta balenare nel buio, le porte di Tannhauser e tutto il resto. Perchè la chitarra è uno strumento che nel corso del secolo scorso è stata esplorata in tutti i modi in cui poteva essere esplorata, in un genere, il rock, che potrebbe aver già detto quello che doveva dire.
La trap, il rap, l'elettronica, future, il mondo urban e quello del latin pop, i generi musicali nati e cresciuti negli ultimi vent'anni (più o meno) possono fare a meno delle chitarre. La figura del produttore per come si è delineata non ha bisogno di sei corde e un manico, e oggi nemmeno un artista. Ero pronto quindi a considerare come decadente lo strumento e il suono chitarra, vederlo sempre più rarefatto e piano piano sparire, come la cetra, il clavicembalo e gli altri strumenti che esistono solo nelle fiere e nei film di Jim Jarmush.
Ma le chitarre sono morte stocazzo. Però è cambiato il modo di vederle, il che è sano e fisiologico, e le porta non verso un revival quindi ma in una vita nuova. La chitarra sarà lo strumento dei prossimi due anni, mi ci gioco una mano. Finiranno gli assoli, gli ampli valvolari, le testate per cedere il posto a D.I., plug-in per Pro Tools, quintali di effetti e schede audio. Tradotto: le chitarre non tornano come ce le ricordavamo dagli anni'70, ma con la consapevolezza di quello che sta succedendo oggi nella musica e un nuovo modo di vederne il suono. Le produzioni melodiche degli ultimi anni, soprattutto in Italia, non sono nulla di eccezionale, forse perchè nella canzone italiana sulla melodia è già stato fatto un po' tutto. Il discorso cambia invece quando si parla del suono delle canzoni, che oggi è la cosa più viva, interessante e nuova che un autore possa sperimentare.
In questo prendere riferimenti di cose sentite ed innestarli sulla propria idea, dentro il proprio progetto, le chitarre vengono continuamente smontate e rimontate. Drast e Lil Kaneki sono due artisti romani degni di nota per due cose: la prima è che in due non fanno quarant'anni, la seconda è che il loro ultimo pezzo potrebbe essere un pezzo della Lovegang, dei Tauro Boys o di Tutti Fenomeni, solo che la base è solo chitarra acustica. Se hai 17 anni e fai rap, e molto probabilmente hai almeno un computer in casa, e nelle produzioni dei brani usi la chitarra è perchè vuoi usare la chitarra. Potresti usare beat di Souncloud, spippolare un paio d'ore coi synthini del computer o qualcosa del genere, saresti figlio del tuo tempo. Se fai un pezzo come questo e ci metti la chitarra è perchè vuoi metterci la chitarra.
Generic Animal, di fatto, è un artista da chitarra e voce. Ma tra lui e, per esempio, un Claudio Lolli, c'è un mare in mezzo. Che è quello di ascolti, riferimenti e coordinate generazionali diverse che finiscono per metterti dentro un sacco di cose diverse in meno e tante altre in più. Così, se torni ad essere un artista da chitarra e voce, suoni come una cosa completamente diversa. Achille Lauro va a Sanremo, lo sapete, e tutti si aspettano che faccia il trapper, coi nipoti che davanti alle tv che spiegano cosa sta succedendo alle nonne. Ma mentre Nino D'angelo si monta l'autotune e gli Zen Circus portano un pezzo apocalittico e orchestrale Achille Lauro porta un pezzo degli Zen Circus. Ma Achille Lauro la chitarra la vede in modo diverso dagli altri, lo stesso modo in cui vede le rockstar che racconta, cioè non la realtà di quello strumento ma l'idea che c'è dietro.
La chitarra poi, anche per la quantità di effetti che puoi metterci sopra, è uno strumento versatile. Frenetik e Orange, nell'ultimo album, la usano in quasi tutti i brani ed ogni volta con un senso diverso. La chitarra è tornata, ma è tornata laica, senza la sacralità di strumento-Re a cui l'aveva costretta il rock, dietro i rigori di assoli, virtuosismi, scale blues. Vero, l'attitudine del rock lo ha reso uno strumento libero, ma chiuso in una gerarchia, in un approccio reazionario tanto quanto certi ambienti della musica classica a quello che puoi fare e quello che no. C'è un nuovo modo di vedere la chitarra, che invece di andare in pensione scende dal piedistallo per essere smontata e rimontata dentro i brani. Ed è molto più divertente.
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L'articolo Pensavo le chitarre fossero morte (e invece no) di Vittorio Farachi è apparso su Rockit.it il 2019-02-15 13:28:00
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