Ho sempre avuto un debole per le bio degli artisti. Meno si capisce più mi affascinano. Da questo punto di vista gli Underdog sono parecchio talentuosi.
Underdog è un progetto che prende spunto dalla biografia di Charles Mingus "Beneath the Underdog". L'obiettivo è una miscela ritmica di sonorità jazzistiche e vari stili che trovano ispirazione (tra gli altri) in Kurt Weill, Nick Cave, Tom Waits e nella elaborazione musicale di gruppi come Einstuerzende Neubauten, Brainiac e Primus. La musica degli Underdog è un gioco di contrasto tra una voce maschile schizofrenica e nasale e un cantato femminile angelico e bellissimo. Il gruppo nasce e si evolve in forma aperta: collaborazioni e rivisitazioni dei brani avvengono di continuo. In ogni brano, ognuno componente della band sceglie il proprio ruolo e il proprio rumore: tutte teste che suonano e che, incessantemente, continuano a esplorare, a sporcarsi, a mettersi in discussione.
Avere informazioni precisissime sul progetto non è facile. Ma chiunque abbia incrociato la loro musica si ricorda che era figa. La loro prima recensione su Rockit risale al 2006, in occasione dell'uscita del loro ep Zeno, nove tracce che si possono definire nu jazz solo se in questa definizione ci si mette dentro di tutto. Perché in effetti, c'è dentro di tutto, dalle colonne sonore alla sperimentazione pura, gli assoli e a tratti la passione per la black music.
La band, quasi un ensemble, comincia subito a girare parecchio, partecipa a diversi contest (in un'epoca d'oro per il genere), suona in giro. Nel 2009 viene prodotto da Altipiani Records il primo vero disco Keine Psychotherapie (qua un'altra rece rockittiana) a cui segue nel 2012 Keep Calm, che li fa suonare dappertutto, compresa una quarantina di dati negli Stati Uniti. Sono una band on the road, capace di cambiare formazione e adeguarsi ai vari contesti live.
Poi il progetto – con al centro le voci (e il basso) di Barbara Basia Wisniewska e di Diego Pandiscia – si ferma. Fino a questi giorni. A distanza di oltre dieci anni gli Underdog tornano dunque sulle scene con il nuovo disco Underdog vs Underdog, in uscita il prossimo 21 aprile per la label Phonosphera Records.
“Underdog vs Underdog è il disco della metamorfosi", raccontano. "Dopo tanti anni in tour e con vari cambi in line up le otto canzoni contenute nel disco rappresentano i momenti più prolifici e creativi di questi ultimi anni. Ogni brano è una storia a sé. Narrare le storie tristi significa esorcizzarle, e nel disco questo accade. Vengono date in pasto alla musica storie di perdenti, di personaggi che hanno toccato il fondo, o semplicemente storie andate a finire male… ed una buona scusa per raccontarle”.
Ad anticipare il disco, proprio in queste ore, il singolo Cold Moon In Deep Water, il cui videoclip trovate qua sotto. È un video d’animazione realizzato con intelligenza artificiale, un esperimento unico nel suo genere, nato dalla collaborazione con la farm Contaminazioni, un laboratorio sperimentale di comunicazione formato da giovanissimi studenti dei dipartimenti di Graphic Design, Design e Videomaking, ideata da Davide Cardea, già manager musicale, e oggi docente dell’Accademia delle Arti e delle Nuove Tecnologie di Roma.
Abbiamo messo assieme Basia e Diego della band e Davide Cardea, per parlare del pezzo e del suo video. E di come l'intelligenza artificiale (noi l'avevamo messa alla prova così) influirà sulla musica nei prossimi tempi.
Siete in giro da un bel po', con stile e innovazione sempre: cosa aggiunge questa nuova musica al vostro percorso?
Diego: Underdog vs Underdog è il disco della metamorfosi, è stato registrato in questi lunghi anni di live prima, e di isolamento poi. Per assurdo i molti cambi di line up intorno a me e Basia hanno permesso l’ingresso di musicisti e quindi sonorità completamente nuove. Tutto ciò ha permesso una forma di esplorazione diversa, forse meno giovanile e goliardica, più intima.
Parliamo subito di Cold Moon In Deep Water. Che storia racconta questo capitolo del disco?
Basia: Il testo narra il momento in cui percepisci che una storia finisce: lacrime, rabbia, risate non aiuteranno più. Solo il tempo può guarire le ferite e spostare questo momento nell'oblio.
Diego: È un blues, non nella musica ma perché è il testo, l’attitudine in cui è stato composto che ne fa un blues. È stato il primo brano composto dopo l’ultimo disco Keep Cam, si sente infatti una voglia di esplorazione, di rottura. Eravamo curiosi di vedere come l’”elettronica” potesse aiutare a comunicare una serie di sensazioni, un approccio più freddo, chirurgico. Dobbiamo ringraziare Tommaso Moretti perché il suo stile di drumming permetteva benissimo l’esplorazione in tale campo, in realtà nel brano di elettronica pura ne abbiamo ben poca, è la batteria suonata che rifà il verso ad una ipotetica drum machine. Il piano ed i synth di Alberto Fiori creato suggestioni sonore perfette per il tipo di territorio musicale che volevamo esplorare.
Quali sono le tue precedenti esperienze in ambito musicale?
Davide: Sono stato per molti anni l’anima folle di Megasound, etichetta discografica romana, con cui ho scoperto e prodotto band tra cui Nohaybanda, Tribraco, Tubax, Neo, WorldService Project (UK), Water Boogie System (SE). Mi sono occupato di vari aspetti unendo la professionalità e le conoscenze della mia principale attività, che è la comunicazione pubblicitaria integrata, il mio gusto e la mia sete di creare progetti incredibili, come le quasi 500 date organizzate negli USA con una serie di tour chiamati “Music&Miles” alla cui 5° edizione hanno partecipato anche gli Underdog, quasi due mesi ininterrotti di live in giro per gli Stati Uniti. Ho inoltre portato in Italia il festival internazionale itinerante “Match&Fuse”.
In che modo essere già una persona "inserita" nel mondo della musica ha aiutato a fare quel tipo di video? Potrebbe farlo "chiunque" ne abbia le competenze tecniche?
Davide: Come in ogni sfida di comunicazione, alla base c’è la conoscenza del prodotto che si vuole promuovere e del suo mercato reale e potenziale. Conoscere il mondo della musica, di questo tipo di musica e dei suoi musicisti, ha reso molto veloce e snelli alcuni passaggi, avendo ben chiaro cosa fosse alla portata delle band e dove avrei potuto portarle con il mio contributo. Come consulente di comunicazione ho avuto la fortuna di lavorare spesso con grandi brand, con importanti disponibilità economiche da investire in comunicazione, lavorare con la scena musicale underground o comunque non mainstream, offre sfide diverse da risolvere, spesso con limitati o inesistenti budget. Senza conoscere la musica “da dentro” con i suoi meccanismi e i suoi valori, tutto questo sarebbe stato molto più difficile se non impossibile da affrontare.
Perché avete voluto l'AI per raccontare il vostro pezzo in immagini?
Diego: Non avevamo pensato all’Intelligenza Artificiale in realtà. Io e Basia volevamo un videoclip abbastanza estremo, ma alcune proposte che ci arrivavano non ci soddisfacevano. Abbiamo deciso di chiedere a Davide Cardea di “tornare” ad occuparsi degli Underdog. Ci ha proposto l’IA all’interno di un piano di comunicazione ben preciso e strutturato, gli abbiamo dato carta bianca, ci piaceva la scommessa di provare qualcosa di nuovo. Volevamo qualcosa di estremo, non potevamo dire di no.
Cosa avete pensato quando lo avete visto per la prima volta?
Diego: Mi ha affascinato vedere come un continuo piano sequenza associato ad immagini in continua mutazione perfettamente esasperava quelli che sono gli aspetti peculiari del brano: un tappeto nervoso colmo input sonori in netto contrasto con l’incedere del piano e del cantato. La prima volta che ho visto una delle prime versioni del video non sono riuscito a finire di vederlo, era troppo anche per me, una serie di input sia audio che visivi molto forti, essenzialmente è un lungo trip visionario. Ovviamente ne ero entusiasta.
Dove sta la tecnica e dove la tecnologia? E come viene reinventata la creatività dall'AI?
Davide: In qualsiasi ambito sia coinvolta l’espressione di sé e della creatività, la tecnica per me è al servizio dell’idea: quello che veramente conta è la sostanza di ciò che proponiamo, la proposta creativa. In questo stesso scenario colloco l’Intelligenza Artificiale. L’AI, per quanto favolosa sia, per quanto possa essere percepita dai più come un autore o una scorciatoia per fare senza fare, per me è, e deve sempre essere considerata, uno strumento, al pari di una macchina fotografica, di un software per missare un album, di un pennello per dipingere. L’autore è sempre chi è dietro a manovrare, anche se con l’AI può essere ancora più facile cadere nella tentazione e fargli fare tutto. Cold Moon In Deep Water è per me l’occasione di affermare questa posizione: avremmo potuto scrivere due cose a caso e lasciar fare l’AI, o utilizzare alcune piattaforme che oggi con un click ti permettono di creare qualcosa senza grande impegno: questo lo possono fare tutti o quasi ma credo che questo tipo di proposte avranno vita breve, un fuoco di paglia che si spegnerà finito l’entusiasmo per il nuovo “gioco”.
C'è un soggetto come in un video "tradizionale"?
Davide: Il videoclip nasceprima di tutto come un’idea scritta, un soggetto che poi si trasforma in uno storyboard con oltre 90 scene chiave ed infine in una regia ben definita, al quale si aggiunge uno studio approfondito del software open source Stable Diffusion, che permette di realizzare cose magnifiche ma non esattamente con un click: mantenere un controllo maniacale della propria opera (come in tutte le arti) richiede numerose configurazioni manuali e personalizzazioni, oltre alla dimestichezza con il software. Questo approccio, forse, non è proprio per tutti.
Quali sono stati i passaggi chiave dal pitch del "cliente" fino alla consegna del video?
Davide: Underdog, forte anche delle numerose collaborazioni in passato, mi ha dato carta praticamente bianca. Alla fine della scorsa estate ho scritto il soggetto e un’idea di sceneggiatura, che ho poi discusso e approvato con la band. Si presentavano varie sfide, ma il soggetto mi piaceva assai: la produzione non sarebbe stata facile per via di molte scene che si sarebbero dovute girare sott’acqua, pensai quindi ad un approccio ispirato al lavoro del regista Michael Gondry ne L’Arte del Sogno o Be Kind Rewind, e visto che stavo già studiando la produzione di immagini con l’AI, prima di iniziare a girare, pensai di realizzare uno storyboard utilizzando questo strumento. A quel punto nel pieno della sperimentazione pensai di osare di più disegnando i singoli frame del video con l’AI e montandoli con la tecnica dello stop motion, trasformando il progetto in un animazione. Decisi di abbandonare completamente l’idea di girare il video ed iniziai ad esplorare i limiti di quello che sarebbe stato possibile fare con questo strumento, pur mantenendo un linguaggio e una impostazione il più cinematografico possibile. In quel momento è iniziata la mia “guerra” personale contro l’AI, forzare il più possibile questo strumento al nostro volere, alla nostra idea di video e di storia da raccontare. E allora configurazioni e infiniti test, software a riga di comando, mesi di ricerca e studio, durante i quali abbiamo realizzato oltre 200 versioni del videoclip, per arrivare a ciò che volevo e ciò che potesse soddisfare la band.
Di quali professionalità necessità una simile lavorazione?
Davide: Il videoclip, che è parte di una più ampia strategia di comunicazione per il lancio del nuovo disco di Underdog, è uno dei risultati raggiunti dalla farm “Contaminazioni” che ho ideato per Underdog presso l’Accademia delle Arti e delle Nuove Tecnologie di Roma, dove insegno da anni. Nel corso della farm, composta da una sedici studenti selezionati dai dipartimenti di Graphic Design, Videomaking e Design, abbiamo sviluppato professionalità diverse: partendo dalla mia regia e dal matreriale che avevo già prodotto, gli studenti hanno sviluppato familiarità e competenza con Stable Diffusion, e come miei assistenti si sono successivamente divisi nei ruoli di prompt artist, che descrive con parole opportunamente scelte, tutte le immagini e le sequenze che l’AI deve disegnare (con le funzioni txt2img e img2img di Stable Diffusion), camera movement artist, che programma i movimenti della macchina da presa, e animatore dei titoli di testa e coda. Per la realizzazione di questo video abbiamo deciso di non ricorrere all’utilizzo del montaggio video delle scene, ma di creare un unico piano sequenza “AI” per tutto il video.
Cosa fa l’Accademia delle Arti e delle Nuove tecnologie di Roma?
Davide: L’Accademia delle Arti e Nuove Tecnologie è un istituto di formazione a carattere universitario con uno specifico indirizzo verso le professioni legate al Design, al Graphic Design e al Video making, con una forte vocazione per l’innovazione e uno sguardo sempre volto alla ricerca e all’avanzamento dello sviluppo creativo e professionale dei suoi studenti, che grazie al metodo usato in AANT affrontano vere e proprie prove di "messa su strada" per imparare a misurarsi da subito con il mondo del lavoro. Strumenti particolarmente ingaggianti sono le farm - vere e proprie agenzie temporanee in cui i laureandi vengono messi alla prova su progetti realmente commissionati - ed è proprio all'interno di una farm che questo video è stato realizzato. Dato l'istintivo interesse per la ricerca e l'innovazione, il coinvolgimento di AANT nel progetto ha trovato immediatamente un terreno fertile nel quale coltivare l’idea di realizzare un video con caratteristiche così peculiari. L’idea era ambiziosa ma sapevo già che qui avrei trovato l’entusiasmo e lo spirito giusto per fare qualcosa di nuovo.
Qualcuno vi ha criticato per la scelta di un videclip in AI, o pensate lo farà?
Diego: Il mio unico timore è che possa sembrare una scelta modaiola, ma in realtà quando Davide ce lo ha proposto non se ne parlava ancora, e mi affascina invece l’approccio dogmatico che i ragazzi della farm hanno applicato alla cosa: unico piano seuquenza, niente tagli, niente interventi diretti, correzioni. È un video fatto dalla AI, nel bene e nel mane.
L'AI al servizio dell'arte: perché è un'opportunità e non un rischio, un'aberrazione?
Davide: È un’opportunità finché mettiamo al centro le competenze e l’originalità umana e non ci facciamo travolgere dagli strumenti. Diversamente il rischio di diventare creatori del nulla è altissimo.
Diego: Immagino che quando si è utilizzata la prima drum machine si siano fatte più o meno le stesse domande. Erano strumenti nuovi applicati in campi artistici “storici”. Così come i campionatori, i computer, sono diventati strumento per produrre musica in maniera differente, anche l’AI mi sembra semplicemente uno strumento che, con strade differenti, vuole raggiungere l’obiettivo: trasformare in immagini il pensiero, l’idea artistica. Spero resti sempre l’artista dietro ogni cosa, con la responsabilità di produrre qualcosa che abbia un contenuto, il rischio è alto, d’altronde tra il ridicolo e il sublime non c’è che un passo.
Quali saranno le prossime frontiere, secondo voi?
Davide: La musica con l’AI è già una realtà, si possono usare software e piattaforme per creare musica e testi, addirittura premendo un solo click e “lasciando fare”. Ecco queste derive ed eccessive facilitazioni mi preoccupano, ma forse non più di tanto, perché a ben guardare è un ciclo che si ripete: innovazioni tecnologiche che rendono più facili ed accessibili i risultati, aumento della produzione e abbassamento della qualità, finché arriva l’onda che spazza via le produzioni insignificanti e chi rimane in piedi continua a creare.
Diego: Io sono curioso di capire come l’AI possa interagire durante un evento live. Essendo uno strumento con risposta immediata mi piacerebbe potesse interpretare, con immagini, quello che accade durante un live. Intendo che sarebbe interessante vedere sviluppare dei visual che cambino di volta in volta in base alle variabili del concerto. Nessun concerto, almeno i nostri, è uguale a se stesso, anche mantenendo la stessa scaletta, sono tante le variabili che entrano in gioco e sarebbe bello avere una potenza di calcolo e risposta immediata per creare “immagini” figlie di quel preciso momento li.
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L'articolo "Cold Moon In Deep Water": Come l'intelligenza artificiale immagina la nostra musica di Dario Falcini è apparso su Rockit.it il 2023-03-20 12:36:00
COMMENTI (2)
Solo l'inizio...? Qui playlist con i primi videoclip italiani realizzati con l'intelligenza artificiale youtube.com/playlist?list=P…
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