Qualche giorno fa avevamo raccolto sulle nostre pagine l'invito che Dario Giovannini, managing director di Carosello Records, ha rivolto a FIMI dopo il pasticcio di qualche giorno fa delle certificazioni dei dischi d'oro, assegnate per sbaglio. Riassumendo, Giovannini chiedeva a FIMI di rivedere insieme i criteri con cui le certificazioni vengono assegnate e le classifiche si compilano, ma soprattutto di rendere pubblici i dati delle vendite.
Nel pomeriggio di ieri siamo stati raggiunti da Enzo Mazza, CEO di FIMI, che ha espresso la volontà di rispondere alle richieste di Giovannini. La prima domanda che abbiamo posto a Mazza riguarda i tipi di controlli che si applicano in fase di verifica su classifiche e certificazioni, e come possiamo essere sicuri che un errore del genere non sia mai successo prima: "Normalmente errori come i difetti di trascrizione o elaborazione dei dati (label sbagliate o titoli trascritti erroneamente) vengono risolti da GfK direttamente in fase di produzione. A noi viene comunicato un dato finale. Il caso in questione è il primo episodio in oltre 20 anni di classifiche FIMI. Non abbiamo mai ritirato una classifica o annullato una diffusione, cosa che all'estero in più occasioni è successo. Abbiamo comunicato l'errore nel momento stesso in cui lo abbiamo appurato. Perché non avremmo dovuto farlo allo stesso modo in passato?". Inoltre da GFK non è arrivata nessuna comunicazione ufficiale perché FIMI, in quanto committente della classifica, si è assunta la totale responsabilità di quanto accaduto. Dopodiché ci siamo fatti spiegare come è stato scelto il conversion rate per cui a 1300 streaming equivale 1 copia venduta: "È stata fatta un'analisi del peso del segmento streaming ed è stato suggerito da GfK il possibile fattore. Le analisi sono molto approfondite e si basano anche sul fatto che ovviamente il peso dello streaming per un brano o in generale per un artista, può essere molto diverso rispetto ad un altro. Le verifiche su tale rate sono ricorrenti".
Riguardo la richiesta di Giovannini di rivedere i criteri, Mazza risponde deciso: "Premesso che prima di annunciare la nuova classifica l'abbiamo presentata a PMI, e lo stesso Giovannini era presente, va ricordato che FIMI investe nella classifica oltre 300 mila euro all'anno e le associazioni delle indipendenti, a differenza di quanto avviene all'estero, non contribuiscono con un euro. È evidente che per essere al tavolo decisionale bisogna anche condividere i costi. Oggi gli indipendenti dicono di pesare quasi il 30% sul mercato. Siamo tutti molto contenti di ciò, ma lo saremmo ancora di più se contribuissero, per esempio con un 30% almeno, al progetto classifica. È facile stare fuori e sparare a zero su quanto gli altri cercano di costruire, più difficile stare dentro e lavorare seriamente per far evolvere il mercato."
(Edit ore 17:30: Dario Giovannini ci ha ricontattati per specificare in merito al mancato contributo economico delle etichette indipendenti: "È vero, PMI (di cui sono Vice Presidente) non ha rinnovato l’accordo con FIMI/GFK per la compilazione delle classifiche per il semplice motivo che un anno fa circa quando l’accordo è scaduto ci è stato comunicato in una riunione che FIMI aveva deciso tutti i criteri e noi avremmo dovuto solo contribuire economicamente e basta.
La settimana scorsa si è ripetuta la stessa scena, ovvero ci è stata presentata la classifica (ovviamente già definita nei criteri) e le nostre considerazioni evidentemente non sono minimamente state prese in considerazione.
Credo che alla base di tutto ci debba essere il dialogo. FIMI ha reputato di non dover dialogare con gli indipendenti italiani, ma cercando (e riuscendo) di imporre solo il suo punto di vista. I risultati li stiamo vedendo tutti.")
Più spinoso invece sarebbe rivelare i dati delle vendite: "La comunicazione dei dati delle vendite in un mercato concentrato come quello discografico richiede delle cautele dal punto di vista antitrust. In ogni caso tutte le imprese hanno la possibilità di acquistare i dati da GfK e disporre dei propri numeri in maniera dettagliata. Non mi è chiaro perché vi siano ancora etichette che non acquistano tali dati e si arrabattino con insight gratuiti forniti dalle piattaforme. Ci sono aziende e distributori che lo fanno sia in Italia come all'estero. I consumatori, invece, hanno accesso ai dati delle certificazioni che offrono già un un quadro abbastanza realistico del venduto attraverso le soglie di certificazioni che sono pubbliche."
Per lo stesso motivo, sarebbe rischioso rivelare quali siano i negozi monitorati: "Da sempre i singoli negozi monitorati non sono pubblici per evitare che si possano creare abusi sia da parte del negozio, sia da parte delle etichette discografiche. I 3.400 negozi del panel GfK vengono fatti ruotare in modo da garantire che i dati dei singoli pdv non siano manipolabili. Le modalità di controllo del campione sono pubblicate nelle regole sul sito FIMI. Segnalo inoltre che FIMI è una delle poche realtà che pubblica sul sito la nota metodologica di dettaglio. La più famosa classifica del mondo, quella di Billboard in USA, è diffusa nel più totale segreto rispetto al conversion rate, al peso del panel e ad altre informazioni sulla metodologia. In Europa solo FIMI e OCC in UK hanno le regole sul sito. Paesi importanti come Germania, Francia e Spagna non pubblicano le regole complete ma al limite un breve Q&A.".
Infine, abbiamo discusso con Mazza su alcuni dei punti critici sollevati da Giovannini che potrebbero influire o meno su come gli streaming siano capaci di cambiare i risultati della classifica. Per esempio, gli streaming fatti da playlist e non da utenti consapevoli che cercano un preciso artista/brano, sono validi? "Il modo nel quale gli utenti consumano musica sta cambiando in modo così repentino che è difficile scindere oggi tra consumi consapevoli o no. Io che mando un link alla mia playlist agli amici o il link alla canzone che mi piace via Whatsapp a mia figlia genero un ascolto consapevole o no? Un disco regalato a Natale finisce nel conteggio delle vendite anche se chi l'ha ricevuto non lo ha nemmeno aperto: cosa dovremmo fare, non conteggiarlo? E le classifiche radiofoniche? Non sono forse basate solo su un ascolto passivo? Forse non tutti hanno capito" presegue Mazza "che questo è un cambiamento epocale e le classifiche fanno già fatica ad inseguire ciò che accade sul mercato. Non si può artificialmente fermare il cambiamento. Dobbiamo cercare di favorire il cambiamento, non di ostacolarlo."
Per quanto riguarda l'attribuire un peso maggiore agli streaming fatti dagli utenti premium rispetto a quelli degli utenti free, Mazza non esclude che possa essere uno dei punti che verranno presto rivisti quando, tra 4 mesi, ci sarà la revisione sui criteri per la compilazione della classifica, che proprio per la loro natura cangiante saranno periodicamente rivisti.
Accogliendo infine le osservazioni nostre e di alcuni nostri lettori sul valore che nel 2017 possano avere le certificazioni come il disco d'oro e di platino, Mazza conclude: "Vorrei ricordare che FIMI, ed in particolare il sottoscritto, ha fatto una battaglia di anni per convincere le aziende ad accettare un sistema certificato. In passato era infatti consuetudine autocertificare le vendite (lo facevano direttamente le etichette). Ci auguriamo che non si voglia utilizzare l'episodio per screditare gli award e tornare alle vicende (ben peggiori in termini di trasparenza) del passato."
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L'articolo Enzo Mazza di FIMI risponde a Carosello sul caso Dischi d'oro: "È stato un errore tecnico, bisogna favorire il cambiamento" di Chiara Longo è apparso su Rockit.it il 2017-07-13 12:36:00
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