Tracciare nuovi percorsi e mappare il racconto delle tradizioni popolari, dei riti, delle narrazioni e del folklore italiano attraverso l’arte visiva, sonora e multimediale. È questo l’obiettivo che ha sempre mosso l’osservatorio artistico digitale Futuro Arcaico, nato a Bari dal meticoloso lavoro dello studio di progettazione creativo Folklore Elettrico.
Folklore Elettrico, diretto dagli artisti Marco Malasomma e Jime Ghirlandi, si è sempre occupato di salvaguardia di luoghi e tradizioni del territorio, dando una visione fortemente contemporanea dei rituali della tradizione. Con questa volontà, Futuro Arcaico lancia una Call for Artist gratuita e rivolta a tutto il panorama nazionale: entro il 15 marzo, chiunque vorrà potrà proporre un progetto legato a una visione rinnovata della cultura popolare del panorama italiano, non convenzionale e lontano dagli stereotipi narrativi propri dell’attuale concetto di marketing territoriale.
Le opere pervenute entreranno a far parte dell’archivio digitale nazionale, mentre i finalisti di ciascuna categoria - Fotografia, Video, Suono, Illustrazione, Installazione e Mixed Media – saranno coinvolti nella realizzazione del festival di Futuro Arcaico, in programma la prossima primavera. All’interno della giuria tecnica della rassegna c’è Mai Mai Mai, alias del musicista Toni Cutrone, che nelle sue composizioni riflette esattamente la doppia visione di Futuro Arcaico: guardare al passato proiettandolo nel futuro. L’abbiamo raggiunto per fargli qualche domanda.
Che cosa si intende per Futuro Arcaico, o per lo meno che significato dai tu alla definizione?
Quando il team di Folklore Elettrico mi ha parlato di Futuro Arcaico, la prima cosa che ho pensato è che avevano trovato un gran bel nome! Semplice, diretto e con un forte potere immaginifico, che trasporta facilmente verso ciò che si trova alla base del loro progetto e delle loro idee. Quello che personalmente mi risveglia interiormente è un'immediata sospensione della dimensione temporale, cosa di cui si sente davvero il bisogno.
Quale necessità c’è secondo te dietro Futuro Arcaico?
Viviamo ormai da qualche decade in un mondo che ha smesso realmente di immaginare un futuro (diverso): arte, musica e cultura per lo più si limitano a rivisitare e reinterpretare ciò che è stato fatto nella seconda metà dello scorso secolo. I futuri che ci mostrano sono solo esasperazioni e parossismi di passati più o meno recenti o di un presente che non sappiamo come esperire. Viviamo bloccati in questa dimensione nella quale ci risulta impossibile immaginare ciò che verrà, il presente sfugge velocemente e restiamo in contatto perenne solo con un passato che incombe e che (re)interpretiamo in continuazione. Bisognerebbe cercare di uscire da questa situazione, staccarsene e guardare da un altro punto di vista, sentire e percepire in modo diverso quello che ci circonda, spazialmente e temporalmente.
E come Futuro Arcaico offre una soluzione?
In Futuro Arcaico, la dimensione archeologica e quella distopica si scontrano creando un gap, un glitch, un'interferenza che può essere una via verso quella sospensione, verso la via di uscita. Cerchiamo la via affondando nelle nostre radici. Per capire come indirizzare il nostro presente verso il futuro che vogliamo vivere. Quello che dovremmo incentivare è proprio la tendenza a rendere attuale la tradizione e a tenerla viva per quello che è: non come si tiene vivo il ricordo di un caro parente morto da tempo. Bisogna far si che questo Antico Spirito prenda di nuovo vita!
L'Italia ha una tradizione di musica popolare enorme. Sottovalutata secondo te?
Non direi sottovalutata. La tradizione di folklore in Italia è varia e variopinta e stimata in tutto il mondo. Come i dialetti, le "cucine" e le culture sono eterogenee all'interno del nostro Paese, lo sono anche le tradizioni musicali, strumentali e di composizione, variando fortemente da regione a regione. L'interesse di personaggi come Alan Lomax ne è un esempio, il materiale raccolto da lui e Carpitella è un grosso tesoro. Quello di cui sento mancanza però è la tendenza a far vivere le tradizioni musicali inserendole in contesti sempre attuali, a tenerle "vive" nel vero senso del termine: salta subito all'occhio e all'orecchio che il folklore italiano è per lo più approcciato in modo filologico ed etnomusicologico, spesso relegato a musei o a festival di musica genuinamente etnica. Per non parlare poi, dall'altro lato, dei "mostri" ibridi creati dalla tendenza ad unire musica leggera italiana e folklore, a "notti della taranta" sfuggite di mano e sagre di paese dai dubbi gusti estetici.
Qual è il segreto e quali gli ingredienti per attualizzare questa tradizione?
Non credo ci siano segreti troppo celati: penso che alla base di tale processo ci sia la voglia di ibridare quello che il folklore ci tramanda con ciò che facciamo ai giorni nostri, mischiare/mixare le radici da cui proveniamo con quello che siamo diventati e che diventeremo. Per fare un lavoro del genere, per "saper giocare" con questo materiale, bisogna prima di tutto conoscerlo e possederlo. Aver vissuto e/o vivere la tradizione, leggerla e approfondire, ma soprattutto capirla: teoria, tecnica, leggende e storie, rituali e "magia" che tramanda. Questo può essere il giusto punto di partenza per iniziare un bel viaggio che si snoda attraverso Luoghi in cui spazio e tempo rimangono sospesi.
C’è qualche artista "magico" per te?
Sicuramente Alfio Antico e suo percorso esemplare che lo ha portato ad essere, da pastore amante della musica in Sicilia, un erede diretto della tradizione musicale capace di tramandarla e innovarla allo stesso tempo. Attivo e produttivo da quasi cinquant'anni, dai dischi con Eugenio Bennato e Musicanova fino alle produzioni con Colapesce e a Cesare Basile, o collaborazioni più sperimentali con musicisti come Lay Llamas o Go Dugong. Ha saputo unire musica, poesia e teatro, folklore e innovazione con cuore e gusto. Poi citerei Walter Maioli: partendo dagli Aktuala (progetto di cui ha fatto parte anche il fantastico Lino Capra Vaccina) e la loro ricerca musicale tra tradizioni popolari africane e asiatiche, Walter ha poi preso parte al progetto Futuro Antico, che già sottolinea la vicinanza di intenti e di sensazioni, con Riccardo Sinigaglia e Gabin Dabirè: il loro disco "dai primitivi all'elettronica" (1980) espone chiaramente quali sono intenzioni e direzioni. Il mix di avanguardia e costruzioni sonore tradizionali, utilizzo di synth ed elettroniche unite con strumenti etnici, la ritualità e la composizione piu contemporanea si mischiano perfettamente in questo progetto. Direzione che Walter non ha mai abbandonato e prosegue anche al giorno d'oggi.
E come scena c’è qualcosa che riesca a collegarsi a questa realtà?
Direi quella che poi è stata definita dalla stampa Italian Occult Psychedelia. Un movimento o un gruppo di musicisti/e e band eterogenei nei generi e nei risultati ma legati da tratti comuni, ovvero un approccio alla tradizione italiana in generale. Non si tratta solo di guardare al folklore e all'etnica in senso più stretto, ma di farsi ispirare da una sorta di "tipica atmosfera italiana": dalle colonne sonore italiane, lo spaghetti sound e i giallo movies degli anni '60 e '70; da una fascinazione per i lati più oscuri della nostra cultura e della nostra società, una sorta di Neorealismo; una riscoperta in chiave mediterranea di psichedelia, sperimentazione e avanguardia, rifacendosi ai grandi nomi e precursori che abbiamo avuto in italia (Nuova Consonanza, Franco Battiato...). Sicuramente è una strada a ritroso nelle tradizioni e nelle proprio cultura, percorsa in modo molto originale e molto stimolante.
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L'articolo Folklore Elettrico, con le radici affondate nel futuro di Vittorio Comand è apparso su Rockit.it il 2021-01-28 12:30:00
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