Il pezzo fa parte di "Splittone Paura", lo split a tre realizzato da Do Nascimiento, Verme e Gazebo Penguins.
Si intitola "Renato A.T." e fa parte del contributo offerto allo split proprio dai Gazebo Penguins. Un pezzo che ha suscitato interesse sul suo significato, fino a spingere Capra dei Gazebo Penguins a scrivere una lunga nota attraverso la quale spiegarne il contenuto.
Ascolta "Renato A.T." e leggi la spiegazione:
«Mi ero ripromesso che alla decima persona che chiedeva perché si chiama "Renato A.T." uno degli ultimi pezzi dei Penguins ci avrei riflettuto su con calma per trovare una risposta strutturata.
La risposta potrebbe essere questa, ed è una considerazione mia personale, nel senso che il buon Andrea Sologni, con cui il testo è stato scritto, potrebbe avere altri pareri a riguardo. E ci mancherebbe. Pace.
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Ogni testo che si scrive nasce da alcune contingenze.
Renato A.T., tra l’altro, è un testo che ha vissuto un fase gestazionale piuttosto lunga, diciamo sui 6 mesi.
Nel senso che avevamo fatto la musica, buttato giù un testo insoddisfacente, messo in pausa e ripreso la questione svariate volte a svariate settimane di distanza.
Tutti i testi nascono da particolari contingenze, anche quelli che trattano un argomento – diciamo così – generale.
La contingenza, quel particolare aspetto del reale che sta dietro un testo, può essere descritta nel testo o rimanere nascosta.
Renato A.T., fondamentalmente, potrebbe parlare di soldi. Potrebbe parlare di soldi in un periodo in cui i soldi, per molti, sono un disastro. E del senso di colpevolezza che tutto ciò che inerisce ai soldi trasmette.
Ci sono immagini che si correlano facilmente a questa faccenda dei soldi (i Refused e la parte del ritornello “ogni giorno che ti arrivan dei soldi poi etc”). Altre che sembrano sviare dalla questione. Infilarci in mezzo la metafora degli scacchi potrebbe significare che le probabilità di farcela, di riuscire, di vincere, non sono mai in mano solo a se stessi. Come ogni partita, e ogni giornata.
Se davvero esiste qualcosa da chiamare crisi, dev’essere anche crisi di metafore. Quella degli scacchi è la metafora della vita per antonomasia. Quest’ultima frase contiene il nome di due figure retoriche, occhio.
Il fatto che un testo parli del suo farsi è un altro modo per rimarcare la sua contingenza, il suo essere consustanziale a ciò che racconta. Se non ci fosse il testo, non esisterebbe nemmeno ciò che viene cantato (a livello eminentemente narrativo, è chiaro).
In letteratura (e non solo) c’è un nome per questa roba qua, e il nome è mise en abyme. Tradotto sta per “messa in abisso” - da intendersi come si intende messa in scena.
Può importare per Renato A.T.? Sì.
Se l’intento era quello di scrivere un testo che si inabissasse in se stesso, che parlasse di una crisi e dei suoi precipizi, che faticasse a trovare la superficie, in cui le immagini fossero legate un all’altra, e tutte frananti, sospese sul dirupo. Perché se si crede che esista una crisi, allora non è possibile uscirne: l’abisso non ha appigli, in quel senso. Ma se non ci si crede, allora non esiste. Se si esce dal testo, se si esce dalla canzone, allora si esce dall’abisso.
Le previsioni non contano, ti aiutano, non muoiono, non cantano: ma se ogni volta che si parla di crisi si controlla il meteo, allora tutto torna ad esistere.
Sul fade out del pezzo, quando le orecchie si stanno abituando alla sparizione della canzone - e del testo - ci abbiamo messo una filastrocca che Ester ha cantato durante un passaggio all’iGloo Audio Factory nei giorni di registrazione.
La filastrocca, con una capacità di sintesi che non saremmo mai riusciti a scrivere, fa così: “Piove piove / la gatta non si muove / si accende la candelina / e dice buonasera”.
Perché si chiama Renato A.T.?
L’ennesima riprova della contingenza. Ad un certo punto, nella vita di un pezzo, emerge la necessità di dargli un titolo che sia qualcosa di diverso da come l’hai sempre chiamato in sala prove. Gli si può dare un titolo che abbia una qualche attinenza col suo contenuto testuale (come nel caso dei titoli di LEGNA). Oppure no. Quel pezzo per noi probabilmente resterà California, il titolo che gli affibbiammo durante le prove. Poi è diventato Renato A.T., un gran bel nome per una persona, un titolo spettacolare per una canzone. Paradossalmente, non depositando noi alcunché sia a livello di SIAE che di edizioni, è ammissibile che chiunque possa chiamare quel pezzo col nome che più gli aggrada. Il titolo di una canzone, nel nostro caso, non è nient’altro che il nome del file che finisce in rete, o le parole che lo identificano sul vinile o sul cd. Se qualcuno volesse chiamarlo, per esempio, Igino Ugo Tarchetti o Philip di Salvo, nulla lo vieterebbe. Anzi, sarebbe un’ottima idea. Capra»
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L'articolo Gazebo Penguins, ecco cosa significa Renato A.T. di Redazione è apparso su Rockit.it il 2012-07-24 00:00:00
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