A due puntate dall'inizio di Sanremo ci stiamo facendo una rosa dei nostri preferiti. Non staremo qui a sviscerare ancora classifiche, l'onere e l'onore lo ha già avuto per noi lo Zio Matto, flagello della rete e voce scomoda del popolo. Qui vogliamo parlare solo di uno dei big in gara, che dalla critica al pubblico sta convincendo un po' tutti. Stiamo, ovviamente, parlando di Mahmood. Noi lo conosciamo già, ma non è detto che sia la stessa cosa però per il pubblico da casa.
Egitto, Sardegna e Milano è un triangolo che potrebbe anche non dirvi nulla, ma queste sono le origini di Mahmood, all'anagrafe Alessandro Mahmoud, classe 1992. Nel 2016 saliva per la prima volta sul floreale palco di Sanremo nella sezione Giovani con il brano Dimentica; quella strada l'ha fatta da solo con le sue gambe, a piedi, come quando a Milano gli piace mettere le cuffie nelle orecchie e macinare chilometri fino a Gratosoglio, il quartiere dove è cresciuto, "Sono di Milano Sud, ma sembra l'Africa".
La traccia Gioventù Bruciata, titolo omonimo del suo EP uscito il 21 settembre del 2018, è il biglietto di ingresso che lo ha portato sul palco di questa edizione; qualche tempo fa ce lo aveva raccontato in redazione, di come dalla periferia di Milano Sud aveva portato i suoi riferimenti oltre la Lombardia, in un Mediterraneo soul, afrofuturista, cool. Per dirla più facile questo mix di cose dentro Mahmood lo rende un figo pazzesco, e non stiamo (solo) dicendo che sia un bel ragazzo, quello che fa è forse la cosa più internazionale e contemporanea non solo nell'ultima edizione di Sanremo, ma nel panorama italiano più recente.
Mahmood scrive e canta ogni sua canzone, e lo fa con una visione cosmopolita non solo di ciò che lo circonda ma anche del sound che ci mette dentro, marchiando i suoi pezzi tra sfumature pop, RnB e influenze orientali. Mahmood va da Asia a Occidente, dove non si sente mai come un figlio unico ma "ho una sorella e un fratello dall'altra parte del mondo, forse di me, forse di te manco lo sanno".
Mahmood è figlio di una generazione che unisce culture e tradizioni diverse e poi non così tanto lontane, perché sa quanto sia bello crescere tra tanti diversi punti di vista, che detta così fa un po' Giochi senza frontiere, resa con quel suono lì diventa un caleidoscopio di sintesi di input diversi e colorati. Alessandro piace tanto anche a grandi nomi della scena rap (e non solo) italiana: con Fabri Fibra ha duettato in due diversi brani, Luna e Anni '90, con Gue’ Pequeno in Doppio Whisky contenuto nell'ultimo disco del rapper milanese, che fa parte dell'omonima serie in tre episodi "Sinatra", trasmessa in esclusiva su TIMVISION.
Soldi lo ha cantanto per la prima volta all'Ariston, era tarda serata, quasi alla fine della prima puntata della kermesse e arrivare alla fine semprava sempre più difficile. Poi è arrivato lui, con una vera e propria ventata di freschezza, con un brano definito dallo stesso Mahmood come uno dei suoi più personali e autobiografici. "Beve champagne sotto Ramandam" per chi predica bene e razzola male, con i soldi intesi in maniera metaforica per raccontare quanto anche i rapporti personali possano essere venali in un pezzo sincero. È bravo, da top 3, ha un pezzo giusto, fatto con Dardust e Charlie Charles, con una super base e sfoggiando una voce davvero personale.
"Milano sei un bellissimo deserto, dammi solo un po' di good vibes, solo good vibes, solo good vibes", a noi quelle buone vibrazioni ce le ha date tutte.
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L'articolo Chi è Mahmood, l'outsider che ha fatto dei Soldi un inno generazionale di Chiara Lauretani è apparso su Rockit.it il 2019-02-07 12:22:00
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Ramadan.