Uno studio diretto dalla British Phonographic Industry (BPI) e Entertainment Retail Association (ERA) ha quantificato che il 71% della musica ascoltata in UK non è pagata. Che cosa si intende?
Basta analizzare le principali fonti di ascolto per rendersene conto: la BPI stima che il 95% delle canzoni in download siano scaricate illegalmente e gratuitamente, una stima che non prende in considerazione l'abitudine di "rippare" da cd perché ormai superata. La radio, così come i broadcast e altri formati online sono quasi gratuiti al 100%, se si escludono le forme premium, come nel caso di Pandora.
I servizi che invece paghiamo sono i vinili, i cd e le sottoscrizioni per lo streaming come su Spotify e Apple Music, ma nel totale rappresentano appena il 28% della musica ascoltata. L'ultimo punto percentuale è rappresentato dai download legali e a pagamento.
Se consideriamo questi dati in aggiunta ad altri studi che evidenziano che il 52% della spesa pro-capite destinata alla musica viene spesa in concerti dal vivo, emergono delle domande molto interessanti circa il futuro della musica su supporto. Una situazione che di certo premia gli organizzatori di concerti e i live club, ma che mortifica la discografia, che a sua volta deve mettere sotto pressione piattaforme streaming come Spotify e Soundcloud, che stanno correndo ai ripari: Soundcloud ha recentemente introdotto degli abbonamenti a pagamento, e Spotify sta stringendo degli accordi di esclusività per i clienti premium sui cataloghi di alcuni artisti, come Adele e Taylor Swift.
Secondo i discografici la formula che attualmente funziona meglio sarebbe quella a pagamento di Apple Music: con i suoi 10 milioni di abbonati, è la piattaforma che in proporzione attualmente paga di più gli artisti.
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L'articolo Il 71% della musica che ascoltiamo non viene pagata agli artisti di Chiara Longo è apparso su Rockit.it il 2016-01-18 11:33:00
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