In questi giorni drammatici per l'industria musicale italiana – e per tutto il resto, ma noi parliamo del nostro ambito–, sono al vaglio proposte di tutti i tipi per tentare di far ripartire i concerti, in qualche modo. Una delle più chiacchierate al momento sembra essere quella del Drive In per i live. Non parliamo del programma di Antonio Ricci con il paninaro e il manager rampante, ma dello spirito americano anni '50 che vede un parcheggio immenso, un sacco di macchine decappotabili e non, un telo su cui vengono proiettati i film e degli altoparlanti dai quali ascoltare i dialoghi, tra una limonata e l'altra.
Prendete questa formula, sostituite il telo con un palco e gli altoparlanti con un impianto acustico da festival internazionale, mettete una band sul palco rivolta verso una vasta platea di autovetture e il gioco è fatto, almeno sulla carta. Questa è la proposta di Utopia Srl, Zoo Srl, Italstage, e 3D Unfold, che già stanno contattando le principali amministrazioni comunali italiane per promuovere il loro progetto. Come dichiarato su Rockol da Giancarlo Sforza, boss di Utopia: "Se ci dessero oggi il permesso, coi mezzi che abbiamo potremmo iniziare gli allestimenti domani mattina ed essere pronti e operativi per la metà del prossimo maggio, ma - al momento - il settore patisce l'assenza di una legislazione precisa in merita, attualmente ferma ancora all'ultimo decreto legge. Immagino che il processo più lungo sarà quello di certificazione: noi, in ogni caso, miriamo a essere attivi tra il prossimo mese di giugno e il settembre successivo".
Qui sotto, una band orribile che suona in Germania per degli automobilisti, che alla fine della canzone suonano il clacson.
Ogni idea è la benvenuta e non sta a noi giudicare la bontà o meno dell'iniziativa, ma per sciogliere un po' la mente in queste giornate grevi, abbiamo pensato alle possibili problematiche legate a questa nuova forma di live, a cavallo tra Mad Max Fury Road e la suonata nel parco macchine del concessionario di fiducia. Il drive in ha sempre avuto il suo fascino, da Grease – il mitico drive in della pellicola oggi è un centro commerciale – fino alla trilogia di Joe Lansdale, una delle opere letterarie horror più fighe degli anni '80. Per altro l'Italia ha una sua tradizione nel settore: nel 1957 a Casalpalocco, sul litorale di Roma, sorgeva il drive in più grande d'Europa, coi suoi 540 metri di superficie.
Ma se quello era un modo davvero intrigante di guardare i film, cosa un po' diversa è quella di vedere delle vere persone che suonano dal vivo. Come prima cosa, le auto di oggi sono ben diverse da quelle degli anni '50 e, già che i posti saranno limitati, come la mettiamo con chi viene con l'Hummer da solo o al massimo col partner, prendendo due posti? Con chi deve litigare chi arriva comodamente con la Panda sverniciata dalla vita e si trova di fronte un suv di quelli con gli steroidi, controparte automobilistica del Caparezza alto due metri che trovate ai concerti normali e che v'impedisce di vedere alcunché?
Pensate ai molti che non sanno parcheggiare e ai concerti che, per una volta, non iniziano in ritardo a causa della boria delle Madonne o degli Axl Rose di turno, ma per l'ingorgo catastrofico in cui si potrebbero trovare gli spettatori più inabili. Pensate ai Festival estivi in luoghi scarsamente refrigerati tipo l'Ippodromo a Firenze e Roma o l'Idroscalo a Milano, umidità 12k%, 96 gradi percepiti, in 5 sudati sulla Punto col divieto di uscire dalla macchina e un afrore ascellare/podalico da guerra batteriologica, senza la possibilità dell'aria condizionata per non appestare il pianeta coi miasmi del carburante.
Pensate, ancora, al fatto che siamo abituati da decenni a recarci col mezzo ad un concerto, parcheggiare ed essere liberi, non a parcheggiare, rimanere in macchina e sentire una band che suona live senza poterci muovere, suonando il clacson alla fine delle canzoni, con tutta l'adrenalina che rimane lì dov'è, che non sfoga, oppure che sfoga troppo e la si butta in camporella, con enorme sessione di sesso nei sedili posteriori e impossibilità di essere cacciati perché siamo in mezzo a un parcheggio colmo di vetture. Questa è forse la cosa che suona meglio dell'idea. Ci sta poi che, in macchina, a uno cali la palpebra durante i pezzi più noiosi, o si metta a giocare col telefono, o che venga distratto dal chiacchiericcio dei compagni di viaggio.
Non abbiamo ancora parlato di quei poveri cristi che si mettono a dare spettacolo per una nutrita folla di autovetture, manco fossimo in Brivido di Stephen King, quando le macchine si animano e se la rifanno sull'uomo. Non so voi, ma a me verrebbe abbastanza da ridere dopo il primo pezzo, se sentissi un'orchestra di clacson accompagnare la mia performance. Che vogliono dire? Sono andato bene? Male? Ho parcheggiato in doppia fila? Ma che sto facendo, perché non sono rimasto a casa?
Abbiamo giocato con l'idea fino a ora, permetteteci un pensiero: la musica dal vivo tornerà quando il momento sarà adatto, perché finché c'è questa merda aliena in giro, il distanziamento sociale è l'unica arma possibile. E un concerto, per come piace a noi, ha bisogno di gente vicina vicina, che sta bene. Fino a quel giorno, dovremmo concentrarci sugli ammortizzatori sociali per rendere la vita decente ai disoccupati del sistema musica. Poi torneremo, più belli di prima.
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L'articolo Una notte al drive-in? di Simone Stefanini è apparso su Rockit.it il 2020-04-22 10:32:00
COMMENTI (2)
@pons Però può essere un'alternativa al campeggio!
A me l'idea di un concerto da vedere in macchina incuriosiva, ma @simonestefanini m' ammazzato ogni entusiasmo!! Ahah. :-) Comunque è evidente che questi possono essere solo degli esperimenti, dei tentativi per vedere com'è. Non certo delle alternative ai live.