Il mio progetto musicale nasce di notte, a Savigliano. Per molto tempo non ho avuto il coraggio di dire a nessuno che scrivevo canzoni, così aspettavo che tutti in famiglia andassero a dormire per mettermi a produrre i miei primi brani su Ableton. Cantavo a bassissima voce, quasi sussurrando al microfono. Con il tempo, le idee hanno iniziato a prendere forma, soprattutto dopo il mio trasferimento a Torino, dove ho potuto dedicare più tempo alla produzione. Insomma, il mio progetto è nato in camera, in un contesto di totale intimità.
La provincia ha avuto un peso enorme sulla mia musica. Nei miei primi due EP ho raccontato esperienze personali, relazioni con amici, alcuni dei quali sono partiti per studiare all’estero. Ho inserito i suoni della montagna cuneese, registrando con il telefono canti popolari, il rumore delle cicale, il suono della pioggia sulle strade. Tutto questo per dare un contesto sonoro alle mie canzoni e restituire le atmosfere dei luoghi che mi hanno formato.
Le mie prime ispirazioni musicali? Elliott Smith, senza dubbio.
Amo l’estetica del DIY e ispirandomi a lui ho iniziato a registrare i miei primi pezzi. Durante gli anni del Conservatorio di Cuneo, passavo ore in macchina ascoltando la sua musica sotto la pioggia, la neve, mentre percorrevo le lunghe strade di provincia. In quegli anni ho anche iniziato a insegnare musica in una scuola tra le montagne, affrontando il freddo con il riscaldamento a palla e le chitarre a tutto volume.
Di solito parto sempre da un testo. Scrivo mentre viaggio in treno, sul tram o mentre cammino. Ogni pensiero finisce sulle note del telefono o sull’agenda, e appena arrivo a casa ci lavoro sopra. All’inizio mi ispiravo a poesie, facendo collage di versi, ma ora ho cambiato approccio: sto sperimentando anche con la musica strumentale, utilizzando campioni trovati online. C’è stato un momento preciso in cui ho capito che la musica sarebbe stata la mia vita. Una notte, avevo 14 anni, stavo ascoltando "Wild Horses" dei Rolling Stones. È stato un colpo. Da lì è stato un percorso senza ritorno.
Il contesto sociale ha influenzato tantissimo il mio stile musicale. Dieci anni fa, in provincia di Cuneo, c’era un movimento underground incredibile: solo a Savigliano e dintorni c’erano almeno dieci band attive, con live, inediti e CD autoprodotti. Con la mia prima band suonavamo post-rock e giravamo i locali e i circoli Arci della zona. Il mio primo concerto indie è stato nel 2014 al Ratatoj di Saluzzo per vedere Maria Antonietta, mentre alcuni amici aprivano il suo live. Poi è nato il circolo Arci Mezcal, dietro casa mia: lì ho visto cinque, sei concerti a settimana, spaziando dal post-rock al rap. Probabilmente in quel periodo mi sono fottuto le orecchie.
Le sfide più grandi nel mio percorso sono state soprattutto interiori. Credere nel mio progetto, non pensare che quello che scrivo sia banale. Se lo scrivo, un motivo ci sarà, ma a volte è difficile convincersi. Inizialmente non volevo nemmeno portare il mio progetto live, solo da quest’estate ho iniziato a farlo. Ancora oggi, però, non mi sento del tutto a mio agio sul palco. Ho anche qualche rituale strano: se un pezzo mi piace davvero, salgo sul letto in piedi e inizio a ballare con la musica a tutto volume. È il mio modo di sentire se una canzone funziona. Quando qualcuno ascolta la mia musica, spero che si riconosca in quello che scrivo, anche se il significato che trova è diverso da quello che intendevo io. Vorrei che la mia musica fosse un abbraccio collettivo.
Negli ultimi anni il mio stile è cambiato, si sta spostando sempre di più verso il suono elettronico. Sto sperimentando, cercando nuove direzioni. È un percorso in crescita, sempre aperto a nuove influenze e a nuove collaborazioni.
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L'articolo Savigliano: dalla provincia alla scena elettronica di Lorenzo Giordano (Loyo) è apparso su Rockit.it il 2025-01-28 16:12:00
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