Poche cose ci influenzano come la musica tramandata dai nostri genitori, basta leggere qualche commento sotto i video di YouTube vecchi di almeno 15 anni per accorgersene. Abbiamo tutti un paio di nomi di artisti che giravano in casa, quelli per cui vedevamo gli occhi di papà o mamma brillare, e che ancora oggi ci troviamo ad ascoltare emozionati. Allo stesso tempo è fondamentale "uccidere" la musica dei nostri genitori, in attesa del momento in cui lo scorrere del tempo e l'accumularsi delle esperienze farà incrociare i destini degli ascolti tra generazioni. Quasi sempre capita che siano i più giovani a "capire" la musica dei grandi, e tributare agli avi il merito di quell'insegnamento, ma qualche volta accade pure il contrario. Ed è una figata.
Mio papà ha sempre avuto dei bei gusti musicali. O meglio, mi è sempre piaciuto il suo eclettismo. La sua capacità di trovare valore e appassionarsi a cose molto diverse tra di loro, spesso per nulla scontate. Lui, uomo degli anni '50 nato in un paese delle Alpi, flippato di Paolo Conte, De Gregori e Jannacci, di Bob Dylan, Amy Winehouse e dei grandi del jazz, di classica e cori di montagna. Qualcosa mi è piaciuto sin da subito, a qualcosa sarei arrivato dopo, qualcosa me lo tengo per la terza età.
Una volta, invece, è stato mio padre a giungere per un qualche strano motivo i miei ascolti. Lo ricordo ancora e mi fa sorridere. Erano gli anni attorno al 2001, c'era stato il macello di Genova e, come se non bastasse l'adolescenza, stavamo tutti belli incazzati per quanto successo. Manu Chao era la colonna sonora di un mondo che sentivamo stava per cambiare, ma avevamo ancora qualche speranza non fosse in peggio. Non così tanto, almeno. Assieme a lui – ancora più freak, lascivo e stralunato d– c'era un altro artista che venne fuori in quegli anni, nato a Burgos e cresciuto a Pamplona, il cui nome de plum tradiva una passione per la musica italiana d'un tempo: Tonino Carotone.
Da bohemien latino e marginale per vocazione, in quel momento di grande confusione sotto il cielo, Tonino si ritrovò alla ribalta del mainstream nel nostro Paese con la più improbabile delle hit, Me cago en el amor. Realizzata assieme all'ex Mano Negra e al suo "clan", aveva iniziato a girare su MTV e in parecchie radio, un po' per via dell'iconicità della figura di Antonio aka Tonino, un po' per i versi tanto assurdi quanto immortali del brano, che recitava "È un mondo difficile, e vita intensa. Felicità a momenti e futuro incerto".
Quelle frasi mio padre le ripeteva sempre, come una specie di mantra, e rideva con quella sua risata innaturale ogni volta che citava il pezzo, che per lui era diventata una specie di summa filosofica. La sua passione per Tonino si è affievolita, dopo che Me cago en el amor aveva fatto il suo tempo. O meglio, ha più o meno sempre continuato a dire che era un mondo difficile, ma è tornato ad ascoltare Paolo Conte e Compay Segundo.
Io invece ho sempre riservato un posto per Tonino nel cuore, anche perché nel frattempo il suo rapporto con l'Italia era diventato indelebile e lui aveva iniziato ad andare in giro con gli Arpioni, ska band bergamasca guidata dal mitico Kino che ha segnato parecchio la mia gioventù. Da quel momento in poi, mentre tutti invecchiamo e almeno un po' impariamo a vivere anche perdendo pezzi importanti di noi stessi, Tonino Carotone ha fatto un sacco di altre cose. Altri 4 dischi e milioni di live – nei festival più importanti come nei locali marci di provincia, dove spesso sta la vera musica –, collaborazioni più "chiamate" con i Gogol Bordello o la Bandabardò e altre WTF come quella con Elisa.
Quando ho scoperto che tornava con un nuovo disco, un sacco di robe da giù nella panza sono tornate su nella testa. L'album è uscito oggi e si chiama Etiliko Romantico (Mescal - Maninalto!), un viaggio nel mondo della musica folk dal sound del Mississippi Blues alle atmosfere mediterranee. Ci sono pezzi inediti e rifacimenti di classici suoi, e tanti feat. da Piotta ai Vallanzaska, fino a Gino Paoli (!), al Piccolo Coro dell'Antoniano e ad Alborosie (alla produzione). Lo ha presentato a Germi a Milano negli scorsi giorni, alcune delle foto che vedete nel pezzo provengono da lì.
Gli ho fatto delle domande, senza menzionare mio padre ma sempre pensando a lui.
Ciao Tonino, come stai?
Ho sofferto molto negli ultimi anni per la malattia e poi la morte di mia mamma. Successivamente è arrivato il periodo Covid, ma ora va meglio. Sono un po' nervoso, ma positivo per l'uscita di questo disco, per me è molto importante.
Dove vivi oggi?
Come sempre trascorro molto tempo in viaggio, specialmente in autostrada. Ma adesso vivrò in Italia per qualche mese, in Lombardia, nella zona di Bergamo. Vicino al mio lavoro e a quello che farò qui nei prossimi mesi. Con l'Italia ho un ottimo rapporto musicale di grande ispirazione. Ho tanti amici e anche i miei musicisti. Mi regala quel senso di mediterraneità che unisce l’Italia alla Spagna, che è il Paese in cui sono nato e cresciuto e dove c'è ancora una parte della mia famiglia.
Che disco è questo?
È un disco particolare. Sarebbe dovuto uscire nel marzo del 2020, ma con tutto quello che è successo è rimasto troppo a lungo nel cassetto. È un disco cantato in cinque lingue diverse, che definisce la mia personalità. Lo sento come l’album della mia maturità. Sono stato libero di cantarlo come volevo, sentendomi rispettato nelle mie scelte, cosa fondamentale per me, come per tutti gli artisti. Le canzoni sono arrivate piano piano, durante un lungo cammino. Alla fine di questo, dopo aver raccolto molto, ma anche selezionato tanto, sono rimaste queste 14 tracce che insieme hanno un forte significato, unico per me. Le collaborazioni sono nate in maniera molto naturale, senza alcuna forzatura commerciale. Sono tutti amici con cui ci rispettiamo a vicenda da tantissimi anni. È stato soprattutto un piacere e un onore poter condividere con loro questa mia opera.
Come nasce l'amicizia con Gino Paoli?
Con Gino Paoli abbiamo un rispetto ed una stima reciproca. Mi invitò a un suo concerto a Madrid e de Il Cielo in una Stanza mi innamorai a tal punto che in un modo o nell'altro dovevo farla mia. Poi dopo qualche anno ci siamo incontrati e l'abbiamo incisa insieme.
C'è un pezzo con il Coro dell'Antoniano. Non hanno paura di te?
Ho sicuramente avuto più paura io di loro, che loro di me. A parte gli scherzi è stato molto intenso poter cantare una canzone così profonda in modo così leggero. Il testo di questa favola drammatica lo possono capire tutti, ma con diversi livelli di comprensione, a seconda del proprio stato di consapevolezza.
Che tu sia etilico, ormai lo si sa. In che maniera sei romantico, invece?
Sono Romantiko nel modo di vivere la vita con coraggio, con passione e con quel pizzico di ribellione che mi precede. Sono Etiliko, perché vivo in una società etilica, e tante delle mie canzoni e le mie relazioni vengono fuori dai bar. Per me è un modo di stare insieme agli altri, un modo per socializzare. Non dimentichiamoci che durante il movimento storico letterario del Romanticismo, l'uomo romantico utilizza l'evasione in paradisi artificiali che lo proiettavano nell'illusione e questo era accettato dalla società, per la prima volta anche come momento ludico.
Ti piace come vanno le cose per la musica oggi?
È un periodo strano. Ma d'altronde tutte le epoche musicali cambiano e sono generazionalmente difficili da comprendere. In questo momento abbiamo sicuramente una forma più commerciale ed aggressiva, molto diversa dal periodo che ho vissuto io quando avevo 20 anni. Ma si sa: chi ha 20 anni ha ragione ed è protagonista del suo tempo.
Che rapporto hai con le piattaforme?
La discografia attuale dipende molto da Internet e quindi è completamente diversa da quando si vendevano i dischi fisici e facevi un disco d'oro con più senso rispetto all’ottenerlo adesso con Spotify. Non credo molto nella genuinità di questo nuovo mercato discografico, dopato dai click che sono gratis e non hanno significato.
Tu sei uno da tour infiniti e live in posti di ogni livello e dimensione. Il circuito dei live è altrettanto in difficoltà: prezzi esplosi, suonano sempre gli stessi, grandi disparità. Che ne pensi?
È un momento difficile, stiamo andando verso un monopolio pericoloso per la musica. Un po' metafora della società, dove i ricchi diventano sempre più ricchi, i poveri sempre più poveri e la classe media scompare per entrare a far parte dei poveri stessi.
Me Cago en el Amor resiste come anthem a distanza di anni. Ha ancora lo stesso significato di allora il brano per te?
Sono contento che sia ancora un inno e credo lo sarà ancora per molto tempo. Per me è sicuramente un grosso orgoglio. È un brano importante, come tanti altri che ho scritto con il cuore e che ho cantato completamente convinto di quello che dicevo. In un momento magico di ispirazione. Probabilmente in quel periodo non mi rendevo veramente conto di quello che stava succedendo, forse non avevo il tempo di fermarmi a riflettere, ero totalmente immerso ed impegnato a vivere quel momento.
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L'articolo Tra me e mio padre c'è sempre stato Tonino Carotone di Dario Falcini è apparso su Rockit.it il 2023-03-10 11:01:00
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