Descrizione

Ne La quarta casa, in bilico fra simbolismo astrologico e vissuto personale, convivono piglio rock ed inserti di synth dal sapore epico, riff di chitarre distorte e una sezione d’archi che regala aperture melodiche inaspettate.
La voce- in senso lato- di Pamela Guglielmetti si fa implacabile scandaglio interiore, medium icastico di risonanze e amplificatore di ambivalenze.
Non scrivo nulla- racconta Pamela Guglielmetti- che io non abbia vissuto o stia vivendo sulla mia pelle. Nei miei pezzi condivido visioni e riflessioni, nella speranza che possano avvicinare le persone alla loro storia personale e, magari, invitarle a guardarla con occhi nuovi.
“La quarta casa” è un brano che cerca in modo molto onesto e diretto di non edulcorare il rapporto genitori/figli, ma di presentarlo per quello che è, offrendone una visione inesplorata. Il titolo si rifà a quello che nelle scienze astrologiche si dice essere il settore che rappresenta la famiglia di origine, i genitori, il contesto in cui si è vissuto, le influenze e le eredità che questi lasciano ad ognuno di noi. In senso più profondo, è un ambito che simboleggia la vita interiore, il centro dell’uomo e dei suoi sentimenti, tutto ciò che concorre a strutturarne la personalità.
Quello che dovrebbe essere per eccellenza un esempio di “amore incondizionato” diventa specchio di irrisolti, paure, convinzioni limitanti, regole, aspettative, che non considerano i figli come esseri unici; esseri che andrebbero invece aiutati a riconoscere e manifestare i propri talenti e le proprie vocazioni. Le tipiche ferite che dai primi mesi di vita si imprimono nelle nostre cellule sono quelle dell’abbandono, del non riconoscimento, del tradimento, della mancanza di radici. Non è necessario vivere una infanzia disastrosa per sviluppare una identità precaria, bastano fatti apparentemente lievi per mantenerci “eternamente piccoli”, mai realmente adulti, lontani da ciò che sentiamo di essere. Questo brano non vuole schierarsi “a favore della condizione filiale”, ma ricordare che quel dolore risiede in tutti noi, perché i genitori di oggi sono stati a loro volta figli. Non c’è colpa, semmai esiste la responsabilità di vedere e identificare quelle ferite per potersene allontanare. La donna, che si rivolge al proprio padre ed alla propria madre in questo brano, riconosce le sue difficoltà, ma riconosce altresì quelle della famiglia, andando oltre al rancore, al dolore, arrivando alla consapevolezza che quello che le è stato dato è esattamente ciò che poteva offrire chi l’ha cresciuta.

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