Goodbye Dreamers

Scriveva Ennio Flaiano nel Diario degli errori, “sognatore è un uomo con i piedi fortemente appoggiati sulle nuvole”. Che cosa sono le nuvole? Forse determinano la meteorologia del nostro umore o semplicemente nascondono verità difficili da digerire; prese di coscienza che potrebbero fulminarci dentro se solo le guardassimo bene in faccia. In "Goodbye Dreamers", quarto album di Persian Pelican, non cambiano le ambientazioni care al precedente "Sleeping Beauty" (2016). La vera differenza è che qui il mondo onirico non è più uno strumento utile per trasformare il dolore di una perdita terrena. Diventa invece una dimensione altra per setacciare le proprie ambizioni e capirne il grado di illusione presente. Quella di "Goodbye Dreamers" è un’indagine che rivela amare prese di coscienza. Condizione necessaria per intraprendere con serenità questa nuova fase è accettare il fatto che ci sia una stagione per ogni cosa, ma al contempo realizzare che può esserci nuova bellezza nel perdersi e andare alla deriva, fluttuando sopra una nuvola senza lasciare traccia. A livello sonoro tutto questo si traduce con atmosfere lo-fi, ampio uso di chitarre elettriche, modulazioni, synth e code strumentali psichedeliche dove fanno capolino le funamboliche ritmiche di Francesco Aprili, il sax di Laura Agnusdei, il pianoforte vellutato suonato da Benjamin Ventura e i cori suadenti di Paola Mirabella.
"Goodbye Dreamers" è stato mixato da Jesse Germanò al Jedi Sound Studio di Roma e masterizzato all’Immagine Ritrovata di Bologna da Pierluigi Scarpantonio e Gilles Barberis. La cover art è di Machì Di Girolami.
"Goodbye Dreamers" è un album autoprodotto con amore e voglia matta di musica. "La vera musica, che sa far ridere e all'improvviso ti aiuta a piangere... la grande musica che frequenta l'anima col buio inutile e non si sa perché" (P. Conte)