“Il signore delle mosche” è il nuovo album di Brain, disponibile da oggi in streaming su Spotify e su tutte le piattaforme digitali, fuori per Glory Hole Records.
A due anni di distanza da “Ciao Brain 2”, il rapper bolognese Brain è pronto a tornare con un progetto solista, dopo aver collaborato negli ultimi anni con Claver Gold, Inoki, Ugo Borghetti, Dj Fastcut, Dj Fede e altri, continuando a calcare palchi in tutta Italia. Anticipato da “Traffico” con Wiser Keegan, “Il signore delle mosche” è il suo nuovo disco: un disco scuro, intenso, un’allegoria che cerca di mettere a fuoco la società contemporanea.
L’allegoria metaforica narrata da Brain è quella della cronaca di un futuro distopico in cui gli uomini sono come insetti, che si muovono in un contesto sociale claustrofobico, in perenne lotta per la sopravvivenza; una giungla dove soldi, amore e rispetto sono tutti da guadagnare, con la forza e senza pietà. Una premessa estrema, ma neanche troppo, se la si paragona alla società contemporanea. L’essere umano diventa la mosca, l’insetto che si nutre degli scarti, così come chiunque si trovi lontano dai vertici della società, sia costretto a vivere degli “scarti” metaforici dell’élite. “Il signore delle mosche” è un progetto crudo, dove l’ottimismo lascia spazio a una cinica disillusione: Brain veste i panni del rapper come cronista della realtà, e la sua distopia finisce per confinare non poco con il mondo reale.
Il disco è quasi interamente prodotto da Kiquè Velasquez, al quale si affiancano Boiled Master e Benzaiten. Diverse sono le collaborazione, in linea con la visione di Brain: penne in grado di graffiare, quasi di lasciare escoriazioni con le proprie strofe: Rollz Rois, Gast, Wiser Keegan, Murubutu, Vashish e Ugo Borghetti. Da produzioni più classiche ad altre più elettroniche, momenti acidi e claustrofobici, altri persino diabolici nella scelta dei sample. “Il signore delle mosche” è un disco nel quale i fronzoli lasciano spazio a una violenza sonora e lirica che non può lasciare indifferenti.
COMMENTI