"Ghost Town" potrebbe spacciarsi come la piccola colonna sonora dell'umana inquietudine di un qualsivoglia ragazzo del terzo millennio. Uno scheletrico monumento sonoro al milite ignoto della metropolitana esistenza. Se il buon Fernando Pessoa avesse realizzato un disco lo avrebbe scritto e suonato così, come lo ha scritto e suonato Claudio Cataldi. Un disco che brucia pian piano, consumando gradatamente, senza tempi refrattari, gli stati umorali del suo protagonista: un timido 24enne siciliano, studente di Filologia Moderna, che ha plasmato artigianalmente nella propria cameretta-studio sette composizioni delicatamente incoerenti e piacevolmente acerbe ma coltissime per bibliografia musicale di riferimento. Gli insegnamenti psichedelici di Doors e Nirvana filtrati dal folk-rock di Neil Young e Mark Lanegan, quasi opacizzati da oscure patinature neofolk, acquistano curiose ombreggiature calati come sono in una semplicità esecutiva disarmante. Chitarre e voci desertiche, a tratti esangui, per raccontare ossessioni, inquietudini e smarrimenti esistenziali, rifuggendo dal proprio polveroso iperuranio perché, alla fine dei conti, come cantavano i Simple Minds un po' di tempo fa, "24 cannot be this".
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La recensione Ghost Town di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2009-05-21 00:00:00
COMMENTI (3)
Bravo Claudio ottimo lavoro , complimenti !
Con qualche anno di ritardo, ma ci piace sempre tanto!
Bravo, complimenti!