Nella vita di un giornalista musicale ci si imbatte spesso in numerosi misteri, quesiti di difficile risoluzione. Uno dei più enigmatici riguarda il grunge, un genere nato e morto in brevissimo tempo, caduco nelle aspettative e nelle sue stesse connotazioni, oramai quasi anacronistico. Nonostante ciò, è inspiegabile il suo seguito indissolubile e presente nel sottobosco indie italiano, la sua ricorrenza come forma di espressione giovanile, la varietà – soprattutto numerica - dei prodotti connotati da questo stile.
"Valutando l' essenziale" è un album emblematico in tal senso. Figlio dei novanta italiani, sembra concepito come un vortice di poetica critica sociale. Il disco si arena in innumerevoli forzature, palesando l'impressione di una costante e frequente scarsità d'idee. Pur ambizioso nei suoi intenti – dieci tracce non sono poche – l'album è privo di una personalità precisa, galleggia nei suoi slogan, boccheggia in numerosi suoni distorti.
Un lavoro discografico prevedibile e standardizzato come le atmosfere che contesta, derivativo nei riferimenti, ricco di sterilità artistica. Dopo tre quarti d'ora permane un sospetto che ha il sapore della provocazione: il grunge è diventato il naif musicale del duemila? Mistero.
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