Un'ipotetica collaborazione tra Mogol e Ariel Pink, o come se Tune-Yards riscrivesse "Il Mondo" di Jimmy Fontana. Iosonouncane fa musica a bassa fedeltà, ben lontana dalla tradizione italiana, ma si può considerare a tutti gli effetti un Cantautore capace di raccontare in modo più o meno sarcastico le micro e macrovicende del nostro stivale. Soddisfa quel desiderio che abbiamo costantemente: che qualcuno canti di noi, dell'epica italica recente. E questa manciata di tracce, insieme, sono una gigantesca "Canzone della terra" di Battisti piena di metafore calcistiche, citazioni di Gaber, piazzate di Sgarbi, stralci di "Non è la rai" o "Ok il prezzo è giusto", i call center, le macarene. Un Paese dei balordi che gareggia alla Corrida. Musicato su beat tribali, synth distorti, fischiettii e melodie da urlatore. Insomma, Iosonouncane potrebbe davvero essere un genio. Ma ci vuole il Giorgio Canali di turno che lo metta in riga, che lo produca e gli dia una forma precisa: altrimenti finirà nello scatolone weird folk, musica considerata per pochi e ascoltata praticamente da nessuno. Sarebbe un peccato. Incrocio le dita in vista del suo primo vero album.
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