Andrea Rivera è un comico con la chitarra, presenza fissa di "Parla con me", il programma di Raitre condotto da Serena Dandini. Lì compie interviste al citofono, fa piccoli monologhi e viene puntualmente surclassato in bravura da Ascanio Celestini. I rapporti di forza, impietosi in video, si confermano tali anche su album. Perché Rivera, ascoltato su disco, colpisce ancora meno di quanto riesca a fare sullo schermo. Segno di una comicità sfocata e sbiadita, ma testimonianza del fatto che, prima di essere un comico, Rivera è un corpo mediale, assurto a celebrità in virtù di un'immagine di sé, il capo reclinato lateralmente e appoggiato a un citofono. Rivera non riesce a staccarsi da quell'inquadratura stretta, mettendo se stesso avanti a tutto. Da qui l'auto-investitura a erede di Rino Gaetano nel primo pezzo, la repentina trasformazione della storia di un matto in uno stimolo creativo, il prendere la prima persona singolare nell'affermare "Io non ho paura dell'America". Si potrebbe trovare un che di positivo in questa scelta, interpretabile come una presa di responsabilità. Purtroppo non è così: la decisione di usare il pronome "io" come un machete non è accompagnata da una lettura dell'attualità originale e personale, ma solo da discorsi superficiali infarciti di irritanti giochi di parole. La mancanza di un proprio punto di vista fa così crollare la credibilità di autore e la scelta stessa di porsi costantemente come "io" viene ridimensionata a esasperato egocentrismo e smania autoreferenziale. Rivera dice tante cose giuste, condivisibili, ma non trova mai il colpo di genio, lo scarto laterale che renda le sue parole più interessanti di quelle di una comune persona di sinistra. Una bordata a Berlusconi, una al PD, una a Ratzinger e una a Zelig. Tutto sacrosanto, ma senza guizzo d'artista c'è solo moralismo. Appare inoltre evidente che il comico romano desidera rivolgersi solo a un pubblico ben definito: una parte della sinistra che non vuole essere stimolata al pensiero, ma chiede di essere rassicurata da slogan e parole d'ordine ben note e dalla costante evocazione di un pantheon di eroi, intellettuali e giudici a testimonianza di una storia e una coscienza pulita. Rivera segue tutto alla lettera: dà al proprio pubblico esattamente ciò che il pubblico si aspetta e confeziona così un sottoprodotto discografico che gronda autocompiacimento e che non lascia niente dietro di sé.
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La recensione Prossime Aperture di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2009-03-23 00:00:00
COMMENTI (4)
Bravo Marco! Recensione emblematica per un disco emblematico.
"Appare inoltre evidente che il comico romano desidera rivolgersi solo a un pubblico ben definito: una parte della sinistra che non vuole essere stimolata al pensiero, ma chiede di essere rassicurata da slogan e parole d'ordine ben note e dalla costante evocazione di un pantheon di eroi, intellettuali e giudici a testimonianza di una storia e una coscienza pulita."
Bravissimo Marco, hai scritto una cosa assolutamente condivisibile, considerando anche le bordate di piazza S.Giovanni di un Concertone del Primo Maggio di un po' di tempo fa...
granbellarecensione!
grandeMarcoVilla!
:)