Dimenticatevi i ritmi in levare, i refrain inglesi appetibili che si fischiettano dopo il primo ascolto, i divertissement. Dei Meganoidi protetti da occhiali scuri e vestiti da Iene tarantiniane, sfoggiando chitarre che enfatizzavano ossessivamente l'afterbeat per piroettare sulle note di "The King of ska", a distanza di dieci anni dagli esordi, non rimane traccia alcuna. Se non fosse per la grazia buia della voce di Davide Di Muzio e la presenza musicale costante in questo decennio degli strumenti a fiato, si faticherebbe a riconoscere l'impronta originaria della band genovese in questo quarto long-playing.
Licenziato dalla Green Frog Records, lodevole esperienza di produzione musicale che nel corso di questi anni i Meganoidi hanno messo su nella città d'origine, "Al posto del fuoco" è in primo luogo la conferma della capacità di scrittura mutante del combo genovese; della necessità della metamorfosi per non restare senza respiri. E' il compiuto arrivo musicale di un brano come "Zeta Reticoli" e di un album di passaggio come "Granvanoeli": un disco nero, che si ciba di barbarie, tenebre, che strangola il pensiero superficiale, spreme il fondo del fondo della terra. Album che celebra i primi dieci anni del tragitto musicale della formazione ligure, questo quarto disco è un lavoro che spazia ora nei territori del rock granitico, ora nelle piaghe più sottili di un cantautorato italiano fatto di versi straordinari: "Ora già si sentono colpi di cuore nuovi battere in sincrono, i giorni in cui mi riconosco sono gli attimi in cui mi riprendo quello che è stato tolto, se passi la frontiera mandami un messaggio, che quello che ti ho detto non lo penso fino in fondo" ("Dighe"). Undici tracce imbevute di chiaroscuri musicali, che cambiano continuamente pelle, perché passano per la scoperta del dolore che ci sta intorno pur non rimanendone soffocati. C'è lo slowcore di "Aneta" ("Amo chi produce quello che mi piace, amo chi mi dà quello che mi va"), i ritmi in sostenuta accelerazione di "Altrove", le spirali di tromba di "Your desire", gli stop and go di "Al posto del fuoco". Si prosegue con il midtempo che "percorre la strada partendo dalla fine" di "Dune" in cui si regalano i fiori per strappare qualcuno dalla guerra, proprio mentre i CSI di "Linea Gotica" ispirano brani come "Stormo" che annunciano come "il volo del branco verso il calore sia oggi un ottimo esempio di resistenza".
Non c'è nessuna possibilità oggi per i Meganoidi se non quella, come suggeriva lo stesso Lindo Ferretti, di "essere attenti per essere padroni di sè stessi". "Al posto del fuoco" diventa così in definitiva un disco che fotografa il suo tempo: la morsa, la sporcizia, le piogge ma riesce comunque ad intravedere nella foschia come curare le ferite, percepire il silenzio come incoraggiante perché presto diventerà rumore.
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