L'elettronica più attigua alla dance, con un occhio di riguardo alla sperimentazione, non sembra avere moltissimi accoliti in Italia. Un'eccezione piuttosto interessante è Star Tracker, al secolo Libero Bovolenta, che con il suo esordio, Patchwork, affronta paesaggi strumentali che altrove hanno portato al successo gente come Daft Punk e compagnia danzante. Le affinità col duo francese si vedono soprattutto nell'uso di bassi molto funkeggianti, imparentati a distanza pure con certa disco d'epoca. A queste influenze si aggiunge poi uno spiccato gusto per i suoni vintage e analogici (moog e tastiere soprattutto), unito all'amore per certi suoni di chitarra alla Run Like Hell. Su tutto, spicca una composizione come Lullabyte, che innesta un'incalzante base ritmica su arpeggi di sapore medievale e voci manipolate alla Aphex Twin: spiazzante e davvero notevole. Se Untitled fa venire in mente gli Orbital più sinfonici, L'Affiche lascia spazio a suoni quasi da musica concreta (un piano manipolato e distorto), mentre la ballabilissima Funktart rappresenta doverosamente il lato più sfacciatamente pistaiolo dell'artista torinese. L'album non è esente da pecche, la lunghezza un po' eccessiva e l'eccessiva uniformità di suono in alcune tracce, ma trattandosi di un esordio contenente materiale raccolto nel corso di anni, il bilancio è più che positivo. Grazie anche all'impegno di una piccola etichetta come la Mens Tune, i seguaci della dance intelligente sappiano che il futuro si presenta, se non proprio roseo, decisamente interessante.
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La recensione Patchwork di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2001-01-22 00:00:00
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