Ho tentato inutilmente, sto tentando ancora, di non pensare che l'anno sta finendo, e ogni anno finisce sempre col freddo più pungente seppur secco, con screpolature dolenti e interrogativi irrisolti, forse sempre gli stessi. E il curriculum di ciascun inverno comprende grandi capacità di perturbazione e neve, vento che se è bravo spinge fino a chilometri e chilometri, e se è davvero bravo, spinge fino alla primavera successiva, tu ci voleresti già. E troveresti un pop realmente elegante, curato in ogni piccolo dettaglio con amorevole premura, un sound dolcemente eclettico che impegna con stile, abbraccia e pungola al tempo stesso. Un frammento di tempo buono che schiarisce l'aria con l'atmosfera soffice e sospesa di chi racconta con garbo il suono e il senso, dove "Varsavia" è un petalo da canticchiare, e "Senza fine" richiama l'elegia raffinata da Baustelle, omaggio a Pasolini in "Le ceneri". E poi Magritte, Caravaggio, Bosch si mescolano a presentare per immagini i Tecnosospiri, immagini fisse da usarsi come lettere, una band italiana contenta di essere italiana, sobria e melodica, da ascoltare con il finestrino aperto anche se piove. "I lupi", grazie anche al contributo del produttore artistico Amerigo Verardi e del sound engineer Maurice Andiloro (già collaboratori di Baustelle, Virginiana Miller e Perturbazione), è un lavoro di grazia e gusto sottile, che ti accompagna fra malinconia e quieta speranza mentre ti accorgi che un altro anno sta finendo.
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