Due situazioni fondamentali, m'hanno prima esaltato nell'ascolto dei Silvia's Magic Hands, cesenati ma non troppo, poi m'hanno assolutamente convinto dopo l'entusiasmo esplosivo del primo minuto. Ammetto, non ne avevo mai sentito parlare fino a quando lo scorso luglio sono saliti sul palco di Voci per la libertà, a Rovigo, per presentare "A soldier's lament" che di riffa o di raffa s'inseriva nelle selezioni del concorso musicale di Amnesty International. Fino a quel momento i gruppi prima di loro non mi avevano convinto fino in fondo, ma quando i tre hanno attaccato con le chitarre a tutto volume, seduti ma agitati dentro, con una voce assolutamente integrata in tutto l'amalgama di note, ho strabuzzato gli occhi e rizzato le orecchie: colpita dritta al cuore. La seconda fase è stato il viaggio di rientro a Roma, col loro disco che una volta inserito nel lettore non ha lasciato più spazio a nulla: real trip music.
Sarà stata la cosa inaspettata tra le dinamiche preponderatamente pop impegnate del concorso veneto, l'accostamento istintivo a Tim Buckley per l'approccio blues viscerale della sua "Pleasant Street", o la più ragionata rimembranza di certe sovrapposizioni chitarristiche dei Buffalo Springfield: penso alla maestria ante litteram di una produzione come "Expecting to fly" che ha creato stuoli di perfezionisti o presunti tali nei giochi di fusione di strumenti e voce. Oppure i testi mai scontati incastrati nella melodia più avvolgente, come ancora Donovan aveva saputo fare, e pure certi ammiccamenti al pop-blues di Lyle Lovett. Lo scossone energetico e lo schiaffo emotivo (di quelli che servono a farti riprendere da un torpore di noia abulica) sono stati fatali.
E credo che anche quelli della Irma Records debbano aver sentito vibrazioni di questo tipo, per decidere di pubblicare un disco tendenzialmente fuori dai loro canoni, votati più a un contesto dance o black, nel nostro panorama di musica indipendente dai nomi importanti passati e presenti.
Spero si senta sempre più parlare dei Silvia's Magic Hands, anche a scoppio ritardato, chè la bellezza necessita di spazi ben più ampi di quelli attualmente a sua disposizione. E con un background di preparazione e riferimenti musicali tanto aulici e un'originalità tra il naif e il totale trasporto credo si possa andare solo più in alto.
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La recensione Flying saucer for recreation di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2009-11-10 00:00:00
COMMENTI (3)
il mio disco preferito è più simpatico.....
ilmiodiscopreferito.it/
'di riffa o di raffa ' è un tecnicismo che mi manca :DDD
comunque diciamolo che i bravi ragazzuoli sono stati premiati dalla Giuria Popolare!
Una Canzone per Amnesty invece ai Terzobinario e premio della Critica ai Legittimo brigantaggio!
pero'!!![: