AMORE
E' sicuramente amore quello che il rapper romano svela dagli anni 90 nei mixtape, nei dischi, sui muri quando faceva il writer, o nei cerchi quando ballava con Crash Kid. Per cui sull'amore di Amir per il rap nessun dubbio. Ci crede, lo fa discretamente bene, ha buone produzioni, è incazzato a suo modo, non fa troppo il pagliaccio e rispetto ad alcuni degli ultimi progetti che ho sentito è parecchio Umano. Il che mi consola. Soprattutto perché ascoltando tutti quei rapper italiani che parlano come il codice fiscale e si chiudono in una dimensione tutta loro, tutta buia, tutta inutile, l'esterofilia è l'unica scienza esatta. Quindi se la faccenda la si sintetizza in "è solo amore se amore sai dare", Amir lo sa e lo dà.
AMERO
Figurati a noi italiani quanto ci frega dell'immagine reale del nuovo ordine mondiale. Per esempio dell'Amero che sarà la moneta che sostituirà il dollaro americano e dividerà il mondo in soli 4 posti, 4 zone, 4 monete. Questa abolizione apparente di confini all'umanità, questo sovraisolamento nazionale e tutto quello di cui il presidente della Black House sarà attenuante e pretesto, è semplicemente il peggiore effetto che il socialismo avrebbe potuto sperare, chiamasi Nuovo Fascismo. Cosa c'entra? Amir Issaa è straniero nella sua nazione. Cioè è figlio di un egiziano, ma lui è nato qui, vive qui, fa tutto qui. Per cui è italiano al cento percento. E quindi? Già nel precedente disco l'immaginario - voluto forse dalla major che poi gli ha chiuso la porta in faccia - lo deificava come il classico immigrato di seconda generazione che tenta una strada nell'Italia impappinata da macrostrutture etico-sociali. Fermi qui: è questo che mi fa girare i coglioni! Questa sottomissione socio-culturale di una generazione che si assoggetta a tutto c'ho che piove dall'alto è la giustificazione indegna ad Amir e alla sua esigenza di fare ancora un disco in cui lamenta il pregiudizio sociale di cui è (o si sente) vittima. E siccome contro la società ho smesso di dire parolacce allora il disco si lo ascolto, si ne scrivo, però oh qui c'è da riassestare un certo equilibrio, dico bene amigos? Basta a fare il gioco degli italiani pizza e mandolino, valigie di cartone, mafia e Pavarotti. Rispetto ad altri, come dicevo prima, Amir ha una capacità sicuramente decente di produrre buone cose, un esempio è "Svegliati" con Daniele Vit o "Siamo Liberi" con Bassi Maestro. Il rap è lo strumento più diretto per poter dire una cosa, ma anche - e soprattutto - per non dirla. Non ha senso allinearsi per poi tornare a sembrare diversi. E sentirsi diversi. Ed è sempre lì, su questa maledetta diversità forzata, che l'hip hop italiano torna a sbattere la faccia.
AMIR
Non mi frega dei suoi parenti, del fatto che ha la pelle più 'abbronzata', che la gente del cazzo in Italia lo tratti come un immigrato perché non si fida del cognome. Non ha senso un disco se all'interno c'è pure solo una canzone che lamenti questa situazione, che riconosco essere tristissima ma per questo nemmeno degna di nota. Non è un'accusa di vittimismo razziale. E' più che altro rabbia e speranza. Che almeno noi, qui, non si fa l'estensione umana della ridicola attitudine italiana alle cose. Abbiamo avuto piombo, fango, ma adesso andiamo a trovarci l'oro. La scelta non è solamente denunciare o ignorare, ma creare a tutti i livelli una new sensation di cui ne ha un'impellente bisogno persino l'Amore che è l'unico mezzo che potrebbe combattere l'Amero con una consapevolezza maggiore magari anche grazie a due parole del prossimo disco di Amir.
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La recensione Paura di nessuno di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2009-04-20 00:00:00
COMMENTI (1)
Pacchiano. penso che sia la parola che meglio descriva questo prodotto