E' un risveglio carnale, una moltitudine di corpi affamati che non trovano pace perché non sanno più toccarsi, un fruscio doloroso di alberi le cui radici sono state divorate via dalla terra che le custodiva. Filemone e Bauci è un canto italiano d'amore e di guerra, di bandiere che non si agitano al vento e non rischiareranno il nuovo giorno. E' un racconto epico di occasioni perdute che assapora il ventre del mito, l'utero materno di un passato temerario in cui il desiderio guardava lontano e camminava veloce nella speranza di assaporare un giorno le meraviglie del Primo Cielo. Di questa eredità ingombrante gli Amor Fou narrano molto più che la partenza, lo schianto, il crudele smarrimento di chi nasce dopo la disfatta delle stagioni rivoluzionarie che non sono riuscite a prendere compiutamente forma. Raina squarcia i veli che si poggiavano sul suo cantato, i flebili sussurri, la prudenza del suono e diventa voce che sboccia dalla brina mattutina e risuona finalmente lontano. E' la naturalezza di un nuovo abito, cucito pazientemente su un corpo che ha oggi una sostanza definita, che puoi sfregare sulle braccia perché non vuole più essere evanescenza ma ha voglia di farsi sentire. La scrittura diventa sposa sincera, poesia malinconica che commuove per l'ospitale delicatezza, uno spettro interpretativo che abbandona le suggestioni elettroniche e si fa spazio unicamente in distese melodiose, in cui si intrecciano chitarre acustiche e dove la fragilità degli organi ti conduce lungo code strumentali lievi. Si intravede ancora la cifra stilistica de "La stagione del cannibale", lo spettro compositivo proprio degli Amor Fou, fatto di arrangiamenti curati, splendidi testi intrisi di estetica letteraria, omaggi al bel canto italiano ("L'ultima occasione") ma con meno nostalgia verso l'immaginario che attraversava quel debutto e più aderenza invece verso l'impossibilità di vivere di questo presente, la paralisi emotiva di un trentenne di oggi, che cerca il suo posto in una contemporaneità che ha fatto dello stordimento la sua ragion d'essere. Si riannodano i fili di un'epoca spezzata, fatta di "rivoluzioni uccise da punture di rose", di amanti che non desiderano più morire nello stesso tempo, con l'amarezza propria di un "re nudo" negli "anni 0" che non intravede ancora la sua "nuova stagione" ma non rinuncia alla possibilità di costruirla.
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