Come poter sentire il ghiaccio intorno, la penombra sui vetri e aspettare la notte per immergersi nel buio freddo ma non ostile. Quant'è morbido lo spazio, poche stelle e appigli vaghi, in bianco e nero tornano i Floss dopo un anno di pausa, e lo fanno con intensità e giusta cura, criterio e dedizione. L'atmosfera tagliente di chitarre noise che si affacciano su ballate decadenti ricorda sempre i Sonic Youth, braccia accoglienti che cullano lente definendo trame da ipnosi elettronica, e sfiorano il gotico, sfiorano Bowie, sussurrano psichedelia postrock. E all'improvviso "Quarks cannot exist individually" ti afferra per i piedi portandoti giù tra acido e sapido con cattiveria, ma è una distrazione come case isolate tra chilometri di alberi, i suoni riprendono spunti catartici e tornano a scorrere sulle pareti seguendo originali percorsi introspettivi e sperimentando rabbia impalpabile, e "In progress of" è una corsa a denti stretti, "Against my dear nichilism" un'ossessione. "Welkin" si risolve in un lavoro denso, ricco di tensione e profondo, diverso in qualche modo dai precedenti dei Floss perché maggiormente strutturato e variegato nella combinazione di stili, e in assoluto privo di fronzoli e romanticismo. Un diamante d'inverno in questa torrida sequenza di giorni.
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