Che gli Sweat non siano – o, meglio, non si sentano - figli dei nostri tempi lo si capisce già dal cd mascherato da vinile e dalla copertina, un po' apocalittica e molto anni settanta, con tanto di dirigibile. La prima canzone, poi, non dà adito a dubbi di sorta: "On the Radio" se la prende con la musica delle band griffate e pettinate in cui a parlare sono "Money and Businness". L'antidoto alla vacuità delle moderne onde FM? Arriva con la canzone-manifesto "Back to Rock", un'ode al caro vecchio rock'n'roll way of life, quello fatto di "anni di concerti, promoters e club, pochi soldi ma qualche nuovo amico", con assolone Guitar-hero (non nel senso del videogioco) ed esortazione a prendere chitarra e microfono e far bruciare il palco. Ma la pochezza musicale non è l'unica piaga sociale che sta a cuore al terzetto. In "Too Fast" se la prendono con la televisione, l'informazione in televisione, i politici in televisione, il grande fratello e il logorio della vita moderna in genere. In "Control" invocano una rivoluzione e denunciano il tentato assassinio della democrazia, in "Indifference" incitano a non rimanere passivi di fronte a tutto ciò. E via incazzandosi, al suono del più classico e urlato Hard Rock. Quello che perplime, in tutto questo – legittimo e sacrosanto – furore, è l'uso dell'inglese, veramente troppo povero per non risultare banale. Forse, se scrivessero in italiano, troverebbero modi più sottili per esprimere concetti tipo "Another band with trendy hair is playing on the radio, what a plastic world" o "I can't trust those faces, thieves with blue cars get to the government".
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La recensione The futility of a well-ordered life di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2009-11-13 00:00:00
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