The Bloody Beetroots
Romborama 2009 - Electro

Romborama

Wwaaaaammmmm, ppipipipiuuuuuuuuuuuuuum, aaha-haha-haa-a-a-aaahaha, zzzzzuuuuuwwwwwaouuuuuzzzzzzzzzz. Premesso che siamo qui ma non siamo di qui (e rileggi la frase che forse non l'hai capita bene), adesso lasciami in pace cinque minuti che devo spiegare in lingua convenzionale un paio di cose a chi è curioso, e non a te che ti fai le seghe. E non dire a me di smettere che c'è crisi, che prendo il tuo blog e lo smonto easy. "Romborama" è la cosa più punk degli ultimi tempi al pari forse di una mangiata di cozze crude appena pescate. Cibo a parte, è la forza della vimeo generation che si frantuma sul dancefloor e si rialza intatta! Come nulla fosse. Come la Cina forse. Bob Rifo ha superato la sidechain revolution, ha superato CSI Miami e i videogames vari. L'unica cosa che non ha superato è se stesso, perché Bob Rifo è una persona paranoica. Come tutti quelli che dopo i tre anni del punk hanno avuto soltanto il suono dell'eroina per sfamarsi. 1977, l'anno di nascita. L'eroina adesso è il contrario della minimal tech, è l'esagerazione dell'electro rap, urla di distruzione tipo uoooo! uoooo! uoooo! in "Cornelius". E' folle ammassate che si demoliscono nel cerchio del pogo. Qui i Misfits e i Daft Punk sono la stessa cazzo di cosa. Correggimi se sbaglio. Il privè è soltanto un posto dove buttare i giubbotti o limonare prepotentemente, al massimo se è rialzato è un ottimo trampolino per fare crowd surfing a manetta. E tu ti chiedi se è meglio un dj su due giradischi? La risposta è: weweweweeewwwwewewewee ("It's better a dj on 2 turnbles"). Non l'abbiamo letto Frigidaire noi, troppo piccoli, troppo alienati da Bim Bum Bam. Sappiamo cos'è perché non ci bastava Uan, ma vuoi mettere leggerlo ai tempi e rivederne la cover di Tanino Liberatore sul primo disco intero dei Bloody Beetroots? Prendete il pumpin' per quello che è. E' una fase che scorre adesso sotto i piedi e o la prendi o è passata e non ti rimane che una sega. Non si può essere orgogliosi dei Bloody Beetroots perché sono italiani, semplicemente perché loro (e forse qualcun'altro) orgogliosi di essere italiani non lo sono. E' un fatto anagrafico e basta. La potenza di avere un fanbase fatto di blogger è l'identificazione brutale all'interno di una sottile linea, extra-linguaggio ed extra-territorio, internazionale e anarchica (contro la territorializzazione del web e ogni ordine mondiale). Il sistema ci ha fottuti tutti da sempre, nessuno può fare un cazzo, se non disinteressarsi con gusto. Senza politica, non quella predefinita perlomeno. Che per i teenagers l'anarchia è un cazzo di tatuaggio sul braccio di Morgan. Fate voi. Almeno quei matti under 21 che si fracassano di grinding tunes in tutto il mondo, ballando Bloody Beetroots, MSTRKFT o Boyz Noyz, a loro almeno non gliene frega un cazzo. E questo li rende anarchici. Tornando a "Romborama", che i cinque minuti sono passati, l'attitudine è punk, ma curati nei vestiti e fumando sigarette al mentolo. Il look è di pochissime parole e con qualche brand che supporta la storia. L'hipsteria c'entra in parte. Il rumore è uno strumento per squarciare ogni momento doooooooooown. E "WARP" è il pezzo più violento e depresso che un dj possa suonarti per farti scoppiare come un brufolo sulla spalla, liquido fuori e goccina di sangue. Botte di cassa, banging totale e la testa rimbalza. L'electro-stress forse non esiste ma è quel suono di quella parola in quella ripetitività così autodistruttiva che stai solamente ascoltando una simil-colonna sonora come background nella tua stanza tipo l'intro di "Anacletus". Guardate il video di "I'm in the house" di Steve Aoki con Will I Am dei Black Eyed Peas in versione Zuper Blahq per capire chi conta fino a dieci e produce qualcosa di sensato oggi. A parte questo è sempre Benny Benassi il capo. Zuper Blahq prova a succhiare qua e là, sia dalle sneakers dei Crookers che dalla scarpetta col laccetto di Bob Rifo, e il risultato è buono come i suoi potenti mezzi. Le strumentali leggere ("Mother" ma anche "House 84") non servono ai party harders ma ai giornalisti musicali e ai musicisti, diciamo che servono a chi non balla, al ragazzo timido nell'angolo ad ascoltare un disco così. Come le tracce non-hit di "Discovery" dei Daft Punk o come i cross dei Justice. I pezzi anonimi tipo "Make me Blank" con J*Davey forse servono per presentare ai vostri genitori la musica che ascoltate senza che si spaventino più di tanto, dato che gli ricorderà la merda eighties che ballavano loro. I jingle bells con Vicarious Bliss in "Little Stars" non servono a niente. Forse ad attutire la noia e ad ignorare l'alienazione mentale del mondo fuori. Perché chi ascolta voracemente Bloody Beetroots ha grossi problemi. Minorenni in difficoltà e adulti stravolti dal no future. Il male è popolare come la Cina. La caratteristica del suono dei Bloody Beetroots forse si, è quel maledetto mixaggio che accentra tutto sulla cassa e quell'armonia onnipresente e mascherata. Ma sono soprattutto quei waaaaaaaaaaaaauuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuun che fottono chiunque. Questo relink di zone centrali crea un disequilibrio assurdo come in "Yeyo" in cui la cassa fa il suo lavoro ignorando i vari piiiiuuuuuuuuupiiiiiiiuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuummmmm perché è la vocina che fa yeeeyooo yeyeyeyoooo a menarsela. E ci risiamo, è tipo i lamentii dei troppo-fidanzati-per-stare-bene. Questo suono è grosso come la Cina. Sicuramente non quanto l'Italia, in cui i Bloody Beetroots vengono considerati solo dopo i milioni di pageviews su ogni cosa che postano on line. Siamo pur sempre quelli che piuttosto che imparare l'inglese insegniamo l'italiano agli stranieri. Ma dove cazzo siamo nati? Ascoltare le 21 tracce una dopo l'altra è ovviamente noioso, ma perché già lo sai che la musica dance non è mica disco dall'inizio alla fine (è una menata dei giornalisti musicali questa, e Mario Luzzatto Feggiz al Wonka o al Buggedout non ce lo vedo). Questo disco è pesante come una cassa di birra da 21 sbattuta sull'asfalto che scoppia in mille vetri taglienti. Puzza come le mutandine sporche della ragazza buttata davanti al cesso, nel booklet. E' un banji jumping dal tetto di una discoteca post industriale di Berlino, sporchi di alcool appiccicoso sui vestiti. Caduta libera, in slow motion, che per quanto i bpm vi possano sembrare accelerati questa rivoluzione si sta consumando lentamente. Sguardo rallentato e quei quattro pensieri che vorrebbero inalarci dall'alto presi e riempiti di sperma. Non nasceranno figli, ma non è perché ce lo mettono in culo. E' perché si guarda dal momento al futuro, senza passato. E' perchè tutti i lavori per una settimana e nessuno per sempre sarà pure una speranza ignorante, frettolosa, cattiva e pigra, ma è bellissima. Piacciano o no, i Bloody Beetroots danno schiaffi in faccia che non avevi mai preso prima.

Vedi la tracklist e ascolta le tracce sul player nella versione completa.