In tre pezzi provano a disegnarci il senso della perdita in finale di stagione: lo accogliamo tutto, sotto pelle, come d'estate, a sera, quando ci si allontana dalla spiaggia e si sente la sabbia sotto i piedi farsi fredda lentamente. Tre pezzi di esterno settembrino, post-abbandono e post-adolescenza, chitarre anni 90 a-la-"Nuotando nell'aria", livide di bruma marina che s'allontana, d'autunno che quasi arriva. "Colpa dell'inverno che tarda ad arrivare", infatti, dicono loro, a voce fuori tono, stonata quasi, si direbbe, melodia rock in ascesa, a suonarci tanto giovane, tanto imperfetta così, quasi da cantina tutta di graffi e crepe. Abiku sono anzitutto suono selvaggio, suono di mare in conchiglia che ci arriva piano piano: senso di vuoto delle notti lontane, d'amore distante che non si può toccare: i primi vuoti autunnali, ombrelloni a chiudersi uno a uno, di nota in nota, per farsi rabbia che cresce lentamente e viene sbattuta forte dalla voce alla chitarra, avanti e indietro, partendo dalla perdita sottile e contenuta in "999" fino al grido finale e ripetuto di "Marina". "Marina, sei lontana" è pianto autunnale che esonda, ritornello che urla, mentre l'inverno, davvero, ancora non arriva. Tre canzoni nel limbo, che sono attesa crescente di melodia che ti si imprime dentro e finiscono per restare accurata inesplosione, un po' Verdena prima maniera, un po' Northpole svaniti troppo in fretta. E questa voce che, nervosa e un po' straziata, infine, commuove.
Vedi la tracklist e ascolta le tracce sul player nella versione completa.