Molto interessante questo lavoro di Giovanni Santese. Suggestivo, dotato di personalità e originale. Insomma, qualcosa che promette bene per il futuro. Le sei canzoni di questo album sono figlie di un approccio cantautoriale che accomuna tanti artisti in Italia: l'uso della lingua italiana, la cura dei testi, i giochi di parole rivelano un'attitudine alla De André, e uno spirito scanzonato alla Rino Gaetano. Ma qui, a differenza che nella tradizione italiana, gli arrangiamenti sono sintetici, stranianti. È l'elettronica a farla da padrona. Si appoggia su ritmiche veloci e danzerecce, e su soluzioni melodiche eccentriche. Qualcosa che ricorda i lavori dei Bluvertigo delle origini.
Dunque, un tentativo coraggioso, da premiare. Anche se, certo, non suona facilmente digeribile per un orecchio non abituato: le musiche sono troppo disarticolate per far gridare al capolavoro. Si tratta ancora di un lavoro più confuso ed embrionale. Ma che è di grande interesse, soprattutto in prospettiva di un'ulteriore crescita futura. La traccia 2, "Forme di controllo", sembra la meno riuscita del disco. Suona troppo lunga, ripetitiva. Anche se ne vanno sicuramente segnalate le liriche, che descrivono con efficacia la condizione presente della nostra società. Pure la successiva "Al di là del bene e del male" risulta noiosa rispetto al resto dell'album. Meno viva, più ermetica. Affascinante, invece, l'apertura dell'album con "La Ciccihouse", che parte con un piano romantico, per poi prendere vie più psichedeliche e ipnotizzanti. Molto bella anche "Ciminiere": le ciminiere, i "falli del potere" che "fumano nel golfo di Taranto", costituiscono un problema attuale e arricchiscono di impegno il messaggio della canzone. C'è spazio, in seguito, per una mossa degna dei Beatles di "Lucy in the Sky with Diamonds", con "L.S.D", e per un buon finale come "Non capisco quel che penso". Da seguire.
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