Quando nel 2007 uscì "Pianissimo, Fortissimo", le reazioni al disco dei Perturbazione furono discordanti. Qualcuno azzardò addirittura che, visto l'amore del gruppo piemontese per le cover, forse sarebbe stato il caso che il quintetto si dedicasse esclusivamente a rileggere canzoni d'altri. Affermazione cattiva dal mio punto di vista, dal momento che per il sottoscritto "Pianissimo, Fortissimo" tutto è tranne un brutto disco. Va però detto che i Perturbazione in versione cover da tempo mettono sul tavolo ottime carte. Giusto per dire due titoli: "Boys don't cry" dei Cure e "Portami via di qua sto male", italianizzazione di "Get Me Away From Here I'm Dying" dei Belle and Sebastian. Da questa passione al concepimento di uno spettacolo interamente dedicato alle cover, il passo è stato breve. Nasce così "Le città viste dal basso", concerto dedicato all'osservazione delle città da un punto di vista diverso dal solito. Il punto di vista, ovviamente, è quello delle canzoni: pezzi che parlano di città o che più in generale descrivono spaccati di vita urbana, cantati con ospiti d'eccezione. Il disco che ho tra le mani è una selezione di quanto accaduto sui palchi e la lista dei cantanti riunisce nomi storici della presunta indiependenza nostrana e alcune sorprese. Soprattutto, il disco riunisce dieci canzoni curate e vibranti, realizzate con passione e cuore. La prima grande scossa arriva alla seconda traccia: "Firenze" di Ivan Graziani è resa in modo drammatico e unico da Tommaso dei Perturbazione. Un cantato che riesce a rendere tutta l'incertezza e la drammaticità di un pezzo triste e sofferto già dal titolo. È l'unico brano in cui Tommaso domina la scena: negli altri si defila, ricompare solo per "Una città per cantare", dove riesce a bilanciare in modo quasi miracoloso le enormi "a" a bocca spalancata di Max Pezzali. Da segnalare poi un Francesco Bianconi credibile nel difficile compito di rileggere Piero Ciampi. La dignitosa disperazione del livornese muta in un non meno sofferto distacco nell'interpretazione del frontman dei Baustelle. Sempre restando ai cantautori, Giò dei La Crus scava in se stesso per cantare di Teresa e della sua "Rimini", mentre Vasco Brondi trova alle proprie spalle una batteria a sostenere emotivamente le parole che urla nel microfono distorto. Un disco prezioso, insomma, per i nomi che mette in campo, per la peculiarità delle collaborazioni e per l'alto livello qualitativo. Un disco che sa colpire l'ascoltatore, lasciando emozioni e soddisfazione.
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