No, non c'è disordine in questo disco. Tutto è al posto giusto, la produzione dei Marta sui Tubi e della loro Tamburi usati vale come garanzia e l'elenco degli special guest mette l'acquolina in bocca. Tutto è studiato nei minimi dettagli, forse troppo. Che sia chiaro, è un ottimo disco d'esordio. C'è classe ed eleganza in ognuno dei testi, c'è un indie-pop sullo sfondo che non si tradisce e assume sfumature diverse. Perché c'è un gioco tra le melodie romantiche come "Piume di cristallo" e la linea più rock e graffiante di "Muscoli di carta". Ci sono brani che colpiscono non solo per la loro orecchiabilità, "L'altra metà di me stesso" è di una potenza introspettiva disarmante. E ci sono collaborazioni invidiabili, che si incastrano perfettamente, da Syria ai Perturbazione, coinvolti anche nella produzione. La musicalità della voce di Paolo Benvegnù con in "Quella sensazione di comodità" contrasta con il voluto monocromatismo della strofa per accusare l'abitudine e la noia di un rapporto al capolinea.
Si ascolta tutto d'un fiato piacevolmente. E in fondo se ci si fermasse qui, non ci sarebbe proprio nessun rimprovero da fare. Che poi rimprovero è una parola fin troppo grossa, il sottile ma che si nasconde tra le righe è solo un suggerimento. L'album non arriva alla pienezza di un lavoro compiuto, le collaborazioni distolgono l'attenzione dalla natura vera del gruppo piemontese, fanno perdere di vista la loro materia originale e autoctona e celano una potenzialità ben più ampia. Come se avessero timore di non essere all'altezza del successo senza questi grandi nomi come lettere di presentazione. E noi, che in loro ci crediamo davvero, ci teniamo a vederli mettersi in gioco e mostrare il loro talento acquistando piena fiducia in se stessi.
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