Negli ultimi anni in molti campi della narrazione – musicale, letteraria, cinematografica - è emersa una tendenza, un po' masochistica, un po' fatalista, dell'amore verso la catastrofe, verso il nulla. In poche parole, l'apocalissomania. E' un fascino che ha il sapore del proibito, dell'ultima frontiera trasgressiva, del fatalismo portato alle estreme conseguenze, fino all'autodistruzione. E' un dubbio quasi inconscio, connaturato al senso stesso della stessa esistenza. Chiederci della nostra fine, del nostro destino, dei titoli di coda della nostra civiltà sembra quasi perversione di recente sviluppo, quasi fosse una perplessità condivisa verso le scelte della nostra società. Questa è la medesima perplessità che muove il secondo disco dei N.A.M.B, frutto delle stesse fatalità e casualità che possono caratterizzare il nostro apocalisse.
La cinematografia ci ha dimostrato che esistono due modi di descrivere il Disatro Finale: buttandola sull'ironia agrodolce oppure gettando minuti di catastrofismo kitsch ed un po' guardone. Più o meno la differenza che passa tra "Wall-E" ed il recente "2012", per intenderci. In tutta onestà, una riproposizione evocativa in chiave musicale di tali tematiche era difficilmente preventivabile. Invece, in barba a previsioni e preventivi, la band torinese ha optato per la prima opzione. Bman è un robottino che vive in un pianeta Juice, desolato e senza forme di vita, ciondolante tra brandelli di residuati di umanità, oggetti, schegge di culture e costumi passati. Una collana da hippie, un cellulare, un televisore Telefunken con il monitor spaccato, una videocassetta porno, qualche lettera d'amore, un dépliant pubblicitario di qualche beauty farm. Ed è un racconto mastodontico che incrocia schegge epocali di cultura musicale: c'è la psichedelia dei Liars, l'industral insegnataci dai Nine Inch Nails, Mike Patton è onnipresente, per non parlare dell'alternative metal di tooliana derivazione, con tanto di tributo in "Musichetta in Pausa Sigaretta". Bman osserva ed analizza le cose in modo asettico ed impersonale. Vede le facce finto-entusiaste degli spettacoli televisivi e ce li racconta in "Tv Invasion", ascolta e ci descrive le voci strillanti e sensazionaliste in "Radiorace", mima la ripetitività della quotidianità umana in "Serrato".
Dopo un' ora abbondante di racconto incessante e logorroico, rimane un dubbio persistente: Bman viene coinvolto nel vortice dell'umanità dopo tanta esposizione? Wall-E la scoprì vedendo Hello Dolly, scoprendo l'amore. A Bman sembra basti guardare il cielo azzurro. Dopo un macello di pseudo umanità, questa sembra quasi una consolazione. Oppure una dimostrazione palese della nostra imbecillità.
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La recensione BMAN di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2009-12-10 00:00:00
COMMENTI (2)
Paura!
(Messaggio editato da tembo il 04/02/2010 16:32:54)
Bella recensione!!! Complimenti ai NAMB che ci mancavano tanto!!!