Compilation
BAM #6 2009 -

BAM #6

Ironia della sorte o meno stiamo da cani. Punto. E a capo non so se si c'arriva, perché a sbavare dietro il big brother, ad ascoltare i capricci da gossip star di quattro barbie da palcoscenico e soprattutto con gli occhi incollati allo schermo 24/7 no stop, è tutto un tantino preoccupante e alquanto limitante. "Back to your roots, is where you'll find your truth" come canta El Senor Tabarez nell'intro del disco in questione.

BAM! non sarà lo zeitgeist, ma una fanzine con due coglioni quanto Roma, Milano e Napoli e tutto l'esercito del socialnetworking si, che se ancora qualcosa si può (e forse davvero si può) ci si butta su con fame ed istinto primordiale. E poco importa se le quattro band della compilation (con l'aggiunta del già citato El Senor Tabarez) posson sembrare sbarbe e forse ancora un poco ingenue, è proprio questo che le rende magnificamente avulse dall'italy-makingmusic style. La vittoria dell'attitudine sulla banalità, della genuina irruenza sul becero conformismo; una sprovincializzazione a base di feedback e chitarre distorte che coi trend non hanno niente che sia niente da spartire o condividere.

Suinage, Donald Thompson, Cusack e Antares riempiono il disco con brani spaccaossa, quelli che ti entrano subito in testa, come "This awful town" e "Whores" e quelli più dannatamente hard come "D.T." e l'intero repertorio Cusack. I gruppi in questione stanno fortunatamente agli antipodi di quella massoneria radical-chic indie e alternative, sempre più imprenditoria e sempre meno musica, che fa tanto cool negli ultimi tempi; e non è la stupida volontà di camminare con le pezze al culo a far muovere una scena cosi importante, lo stesso sottosuolo che si sforza di raschiare BAM!, ma un esigenza morale di coerenza prima di tutto con se stessi. E BAM! è straordinariamente dall'inizio alla fine spirito e coerenza.

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