Come se il revival degli Anni Ottanta fosse vero… è a questo gioco che Joyello ha voluto giocare, con grande passione e una certa inventiva musicale. Infatti questo CD, registrato su 4 tracce analogiche con mix e edititing digitali, non usa alcun automatismo MIDI, però è molto ricco di elettronica. Va detto che Joyello ha programmato tutte le apparecchiature elettroniche in real-time, con l’intento di ottenere un effetto il più possibile vicino a quello di due mani che suonano. Le canzoncine pop (così le definisce lui stesso) sono scritte, musicate e pensate tutte dall’artista, tranne la cover «Amanadoti» (Ferretti e Zamboni from CCCP … stupenda!) e «Non ci sei», che vive della musica composta da J.McCrea (curiosi gli inserti di parlato). Il sound è molto Anni Ottanta, e pace per Joyello che afferma di non cercare mai intenzionalmente quel sound… il fatto è che gli strumenti che usa (keyboards TR808 e Roland Bassline) sono figlie di quegli anni, che molti giudicano di plastica. Con molta autorionia, tuttavia, il Nostro è ben cosciente di questa eredità cultural-musicale (più o meno gradita) e spera –a metà tra il serio e il faceto- che prima o poi gli Anni Ottanta tornino davvero di moda, in uno dei ricorrenti revival (se gli Anni Sessanta ritornarono vent’anni dopo, dovrebbe quindi essere quasi giunto il momento giusto…). E allora ecco che verranno giustamente osannate le drum machine, le voci sempre lievemente echeggianti e metalliche, le chitarre e le tastiere easy listening, le trombe sintetizzate e I vocalizzi nel cantato a tutta gola, come in «Son le sette» o il tecnopoprock acidulo di «Tutto a posto». Su tutte le 12 tracce primeggiano la traccia 10 («I più stupidi»), grazie alla ghironda di Marcello Bono, special guest prestata dalla musica barocca; poi «Che poeta non è» (la traccia 2), ironicamente autobiografica e iconloclasta, con un bel ricamo tastieristico. Nel complesso il CD risulta gradevole, scivola via dentro le orecchie senza difficoltà, ma anche senza troppo coinvolgimento. Lo stile di cantato di Joyello è molto personale, e impronta tutte le canzoni, che ha volte tendono ad assomigliarsi più del dovuto. Per una musica di ascolto facile non è necessariamente un difetto quello di scorrere agevolmente da un orecchio all’altro, rinfrescante come acqua. Si tratta di una musica da tecno-cantautore (si potrebbe dire): perché infatti Joyello presta molta attenzione ai testi, spesso nichilisti, minimali, attenti a sfumature di un quotidiano immaginato e inventato che si impregna di sogni rincorsi, disillusioni fronteggiate e malinconie ricorrenti. E forse è qui che si possono sentire di più le influenze che Joyello rivendica: Tom Waits (molto rielaborato però!), Cake,Sylvian, Lemonhead e Housemartins.
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La recensione Come se tutto fosse vero di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2001-04-08 00:00:00
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