Passati ormai due anni dall’esordio intitolato “Fever in the funk house”, i Julie’s Haircut ritornano sul mercato con un disco che non solo conferma le loro qualità, ma li lancia definitivamente nell’Olimpo del rock, italiano o meno che sia. Il sottoscritto non fatica certo ad ammettere che ha sempre avuto un debole nei confronti della musica di questo quintetto (divenuto tale dopo l’ingresso in pianta stabile del Reverendo Fabio Vecchi), ma sarà al contempo difficile, per voi, obiettare sul fatto che questi ragazzi sappiano dare del rock ‘n’ roll un’interpretazione come pochi altri gruppi al giorno d’oggi, dimostrando che la maturità e il successo (!) si raggiungono a piccoli passi, proprio come loro.
Ecco perciò che “Stars never looked so bright” fotografa una band ormai adulta e capace di staccarsi dai primi vagiti ‘sonici-pavementiani’ per dare vita a 12 composizioni ricche, ricchissime di pathos (in primis), e poi di musica, strumenti (un sacco di fiati!), ospiti e quant’altro per rendere l’intero lavoro imprescindibile, almeno quanto il precedente.
In questa occasione, però, Luca G & co. si orientano decisamente sulle ballate, e non ne fanno mistero; se in “Fever…” il tris d’assi iniziale era una bomba adrenalinica, qui il disco si apre con la dobro e l’acustica di “Pass the ashtray”, senza considerare l’estratto “Everything is alright” che ha anticipato l’uscita del cd e di cui si è ampiamente detto altrove. Di certo i nostri non dimenticano gli ardori iniziali e infilano anche qualche pezzo distante un bel po’ dalle atmosfere classiche 'da ballata'; ecco perciò canzoni come “Hot paints”, “Sumopower” o “Geza X”, oppure episodi intitolati“Set the world on fire” e “Stop what you’re doing now”, tracce in cui fanno tutt’altro che capolino i rhodes del già citato Reverendo. Per non parlare poi della splendida “Love session n°1”, impreziosita da un (inaspettato quanto azzeccato) sitar, per dare nuova linfa alle soluzioni musicali della formazione.
In tutto questo, come accennato in precedenza, emergono prepotentemente le ballate: le conclusive “Sweet me” e “When did it start going wrong?”, inframezzate dal ‘capriccio’ “Sufi kiss”, diventeranno presto le vostre tracce preferite. E “Stars never looked so bright”, molto probabilmente, farà parte anche dei vostri primascelta...
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La recensione Stars never looked so bright di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2001-04-18 00:00:00
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