Bello e sofferto. "La tregua della piramide" di Alessandro Carbonetti è tutto questo: poesia, riflessione e rabbia esistenziale. Un disco di undici canzoni, registrato nel 2009 dal giovane (ventiquattro anni) cantautore romano, che svela, impudico, gli strati d'insensatezza e frustrazione sottesi alla nostra esistenza quotidiana.
Certo, l'approccio è minimal: Carbonetti impugna la sua acustica e canta, coadiuvato da Sergio di Giangregorio agli altri strumenti. Non c'è spazio per arrangiamenti complessi e per soluzioni sonore spettacolari; c'è poca elettricità (chitarra e basso), e niente elettronica. Ma il senso del disco è proprio qui: nell'onestà di chi vuole solo cantare, per concentrarsi sulla vita e sfogarsene allo stesso tempo. Un approccio che può risultare difficile da digerire per chi predilige l'easy-listening, ma che vale sicuramente la pena di provare per chi è in cerca di un'esperienza artistica più pregnante: Carbonetti produce delle liriche vissute, semplici e dirette, che sono spesso un piacere da ascoltare e, a volte, ci lasciano anche il modo di riflettere.
Non disdegna, peraltro, citazioni dalla cultura pop italica, come la ripresa di "Pinne, fucile ed occhiali" di Edoardo Vianello ("Cristo mediatico"), o la geniale apertura di "Delitto all'italiana", affidata nientemeno che al buon Bruno Vespa, il quale si chiede chi sia il responsabile del delitto di Cogne, mentre Carbonetti si improvvisa promotore commerciale dell'operazione: "Se indovini anche l'ora del decesso, ti portiamo a casa il materasso col sangue ancora fresco...".
Segnaliamo anche la nichilista "Mi odio": "Tra sei miliardi di stronzi, odio solo me stesso". E l'ironica "La merda", che sembra elevare la coprofagia a chiave per un'esistenza felice: "Io amo la merda dei telegiornali, gli amori del sultano, la cultura e i temporali, perché solo quando sono depurato dal cervello mi sento meno solo, più compreso, molto più bello. Io amo la merda." Da ascoltare. Struggente "Evapora", dalla melodia dolce e dai testi più intimi: "Evapora, sparisci come muore un'idea. Evapora, illuminami come una nostalgia", così come è struggente "Le isole", pezzo riflessivo e sognatore, che chiude degnamente quest'opera prima e promettente del giovane Carbonetti. Se avete una mezz'ora libera, non vi dispiacerà ascoltarla.
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