"Ingrediente novus" arriva a mettere un punto nella carriera di Moltheni. Punto e a capo, puntini di sospensione, punto interrogativo: non è chiaro quello che seguirà nel percorso dell'artista, chiarissima invece la volontà di Umberto Giardini di mettere ordine in quanto ha fatto in questi dieci anni.
Partiamo dal dvd, che contiene suggestivi estratti da due concerti molto diversi tra loro (rispettivamente elettrico e acustico), una selezione di videoclip e un cortometraggio francamente prescindibile. È l'unica nota stonata, perché il cd è invece da punto esclamativo: un'antologia che ripesca e reinterpreta brani vecchi e nuovi, con l'aggiunta di due inediti. Ad ascoltarla una prima volta tutta di fila, si ha l'ennesima conferma dell'importanza di Moltheni nel panorama cantautorale italico. Stile unico e personale, capacità di scegliere parole senza mai abbandonarsi alla banalità, musiche ipnotiche che innalzano l'emotività interna dell'ascoltatore.
Ci sono i pezzi recenti tratti da "I segreti del corallo", pressoché identici agli originali. Ci sono ripescaggi dal passato più lontano, come "Il circuito affascinante" o la sanremese "Nutriente", riproposta in una versione intima che accentua la forza comunicativa di quel ritornello impietoso e definitivo ("Manchi d'ironia / manchi di ciò che mi occorre al momento"). Pur dotate di un'anima apparentemente soft, le 17 tracce del disco non lasciano granché scampo all'ascoltatore, proponendo nei testi una invidiabile nettezza di posizionamento: tanti dubbi e problemi interiori, ma nessuna esitazione nel modo di porgerli. Si ascolti "Zona monumentale" cantata da Vasco Brondi (un incontro dovuto: Moltheni è stato il primo a credere nelle distorte doti de Le luci della centrale elettrica): il ripetuto urlo finale parla di una situazione sospesa e difficile da comprendere, ma nel tono e nella scelta dei vocaboli traspare un'assoluta sicurezza compositiva. Un concetto forse più difficile da spiegare che da percepire, riassumibile in due parole pesanti come urgenza e necessità.
Le canzoni di Moltheni non risultano mai un vuoto guardarsi l'ombelico, ma giocano sempre a un rilancio pesante e significativo. È il caso della traccia finale, "Per carità di Stato", vero e proprio macigno che esaspera le laceranti contraddizioni di "Viva l'Italia" di De Gregori, mettendole in cortocircuito con la "Povera patria" di Battiato ed elevando il tutto a un livello superiore di angoscia e malessere. Una grandissima raccolta, la conferma definitiva di Moltheni come uno dei migliori autori della musica italiana.
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