Ancora una volta da quelle colline, morbide di vigneti e sobborghi rurali dimenticati da queste schifo di metropoli incanutite, dal Cuneese – quel ringhioso Piemonte noise delle belve Dead Elephant e Cani Sciorrì – si schiantano suoni che respirano un sogno. Ossimori paesaggistici che dimostrano come parlare di scena (il suono di un territorio?) non è propagandistico. Perché i Fuh sono un po' come gli Afraid! nell'alcoolico Triveneto, altra vorticante fucina di rumore. Ma i Fuh non sono (mai stati) fangosi né lisergici, e nemmeno post-blues, come gli amici tra Canale e Fossano. Piuttosto, un collage di amore e citazioni da sempre diviso tra post-punk e derive indie-rock anni novanta. "Dancing Judas" non è più solo Fugazi e propensione all'ignoranza noise da feedback lancinante incontrollato. Meno irriverenti e più sferraglianti, meno fuzzosi e più chimici. Ma soprattutto pop. Che sia quello sommesso e sussurrato mutuato dalle armonie fumose degli Unwound, il miraggio della prepotenza vocale degli At The Drive In o la forma-canzone (?) degli ultimi Motorpsycho, è la forza di un disco altrimenti limitato alle autodistruttive vicissitudini hardcore dei quattro. Tanto che la conclusiva "H7-25" – altrimenti copia/incolla dal precedente "Extinct" (2007) – si arricchisce qui di digressioni effettistiche e reiterate sfocature new-(no)wave. Ma il nuovo corso è quello di "Grandine" e "Four Things": sospensioni e frasi sussurate-urlate su decolorazioni subacquee e lo stesso gusto percussivo per la melodia dei Three Second Kiss. Decostruzioni inzuccherate da rumorini e involucri ferrosi e chitarre zoppicanti, accanto a più ovvie e consumate accelerazioni. "There's a new war but you're sleeping". Vi piacerà.
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