Calibro 35
Ritornano quelli di... Calibro 35 2010 - Strumentale

Ritornano quelli di... Calibro 35

Quel pomeriggio finimmo sdraiati sul letto di Piero, che nel frattempo era in giro col motorino a consegnare la cosa, a fumare tutto lo sbriciolo dell'erba che ci era avanzata dal "movimento" da 1 chilo che ci aveva portati fino a lì. Adatti al tempo che passa, ma soprattutto ai purini senza tabacco. Prendemmo una videocassetta a caso e mentre uno rollava l'altro provava a spiegare le sue volontà al videoregistratore. Il film si chiamava "Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto". Abbiocco pieno, risate a random e tante canne. Fino a sera, nemmeno fossimo i Famous Flame stravaccati assieme a James Brown (c'avete presente?) quando, come racconta nella sua autobiografia, stava nel camerino dell'Apollo Theater di Harlem a New York e ad un certo punto si vide arrivare Elvis Presley che gli chiese di cantare un pezzo assieme, prima di schizzare via (provò a rubargli l'anima o voleva scoreggiare in un posto figo e soul?). Oltre ogni afrocentrismo, i Calibro 35 da qualche anno stanno ricordando a tutta l'intellighenzia musicale italiana che negli anni 60 e 70 avevamo qualcosa di veramente forte a livello musicale. Quel pomeriggio avrei benissimo potuto mettere in piedi una sceneggiatura mondiale come fece Ernest Tidyman con "Shaft", il film icona della blaxploitation (black + exploitation), corrente cinematografica a cui i Calibro 35 non appartengono solamente perché sono bianchi, vivono qua e soprattutto arrivano con 35 anni di ritardo da quella coalizione - capitanata dall'Associazione Nazionale per il Progresso delle Persone di Colore - che ne disegnò la fine. Però dal momento che la power band di Gabrielli, Colliva, Martellotta e soci è uno dei progetti di maggior spessore che si possono ascoltare nel nostro inspessito paesotto di officeman campagnoli, allora dirò, a voi e solo a voi, che loro sono i capostipiti della corrente calibroitation. Ecco, questo sono i Calibro 35.

- Chi?

- sono degli italiani con un permesso di soggiorno limitato.

- Clandestini di merda?

Questo secondo disco (giocate a scoprire cosa è inedito e cosa no), della power band poliziottesca ingrossa la componente noir al punto che se Mario Van Peebles dovesse ambientare il sequel di "New Jack City" a Milano chiamerebbe loro sicuramente, gonfia anche l'appeal funk, e questo piacerebbe molto al mio amico Isaac Hayes, e stringe la mano a tutti i grandiosi autori di colonne sonore che abbiamo avuto in passato.

- Eh si, Ennio Morricone...

- Micalizzi, anche...

- Chi?

- No, niente, un altro clandestino.

Per quanto "Milano Odia: La Polizia non può sparare" è ansiolitica, non si può non dire che la musica dei Calibro 35 sia sexy. E che la loro predisposizione corporea alle strumentali è arrapante, e per fortuna non ci cantano sopra perché l'effetto di attesa che si crea aspettando una tutta-donna che scende da un palco qualsiasi col vestito rosso scollatissimo e i pizzi, la giarrettiera e la rosa sulla coscia, la riga sui collant che ridisegna il dietro-gamba e il trucco finto casual, è la vera potenza, ambientale e subculturale, di questa Italia a mano a(r)mata.

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