Cd da ascoltare. Gruppo da seguire con attenzione.
Lascia andare la marea. Lascia che tutto scorra e ti attraversi, anche se sarà presente il dolore, se i coltelli ti passeranno così vicino da lacerarti i vestiti, non dimenticare che puoi ancora sopravvivere.
Sembra questo il messaggio che gli Indovena intendono far passare attraverso il loro nuovo disco, nove canzoni di punk-rock in italiano affilate e potenti, stimoli emotivi sanguinari e grida di ribellione sia popolare che interiore.
“Presidente lei non avrà il mio cuore” è la frase che concentra l'attenzione nella canzone d'apertura, "Tutto a Centotrenta": l'andazzo è lo stesso dei Linea 77, un grido diretto al potere surclassante e ipocrita dei governanti, che schiaccia le vite dei piccoli ma orgogliosi paesani duri a morire. Musica decisa e rabbiosa. "Il sogno di Yoko", traccia numero due e primo singolo estratto, sposta l'attenzione su di una giovane ragazza tormentata dalla vita, tra sogni irrealizzabili e cruda realtà, capace di trovare una dimensione solo all'interno di un passionale gioco a due; decisamente di stampo verdeniano, con un'inaspettata boccata d'aria nel ponte, subito chiusa dalle sfuriate della batteria che portano a una conclusione quasi in stile Ligabue.
Due i pezzi forti di questo cd, a mio parere: "Il gioco dell'estate" (secondo singolo) e "Fedor". La prima risalta all'orecchio per il suono funky-reggae che fa da sottofondo alla strofa e i saliscendi delle poche note di tastiera, che punteggiano il ritmo dando un tocco di ironia, pezzo veramente piacevole.
La seconda è una doppia traccia incisiva e ben articolata, in cui il riff di chitarra iniziale rimane in testa ossessivo, supportato da quella che sembra essere la frase manifesto dell'intero lavoro: “lascia che le cose si sistemino bene finché non c'è più sangue nelle tue vene”, fino allo stallo con repentino cambio di ritmo e preparazione sonora al pogo. “Tu parli e non parli, mi tocchi e mi spingi e sale il sangue nelle mie meningi / lasciami o qualcuno si fa male” urla Tommaso, a ribadire che è proprio il sangue l'elemento naturale in cui sguazzano gli Indovena, tra alta e bassa marea.
Menzione particolare anche per "La fine" che, se non esistessero già i System of a Down, sarebbe il pezzo rock dell'anno. La chiusura dell'album è una scarica elettrica distesa, feroce e amareggiata, che discende il rivolo del grunge per raggiungere il riff metal efinalmente lasciare andare la marea, abbandonando ogni artificio dell'anima. Questa è la musica degli Indovena, prima placida sensazione di metallo tiepido al tatto, dalle sfumature gialle e blu, gonfia in bocca di quel veleno che viene sputato, misto a sangue, quando aumenta il volume e il cristallino dell'occhio langue sotto le stilettate della chitarra, come pronto ad esplodere in un pianto di liberazione. Cd da ascoltare. Gruppo da seguire con attenzione.
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La recensione Lascia andare la marea di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2012-06-21 00:00:00
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